Questo
post non è propriamente un commento all’Esortazione Amoris laetitia. E’ una prima e breve reazione dopo aver ascoltato
gli interventi nella Sala Stampa della Santa Sede in cui è stato presentata l’Esortazione
oggi dalle ore 11.30 alle ore 13.00. Ho apprezzato soprattutto il lungo intervento del card.
Christoph Schönborn.
L’Esortazione
AL è giustamente chiamata postsinodale perché è in continuità di stile e di
contenuto con il Sinodo sulla famiglia nelle sue due tappe celebrate negli anni
2014 e 2015. La Relatio finalis del Sinodo è citata ben 84 volte.
Tra
i punti salienti del documento, cito: lo sguardo positivo sulla famiglia; la
sollecitudine per le diverse situazioni in cui essa si trova; il grande rilievo
dato alla preparazione al matrimonio; il valore che può rappresentare in certi
casi il matrimonio civile come inizio di un cammino verso il matrimonio
sacramentale; il principio della gradualità nell’accompagnamento delle famiglie
in difficoltà…
Catalogare
le famiglie in “regolari” e “irregolari” è uno schema troppo semplice che non fa
giustizia alle numerose e diverse situazioni. Il Papa parla di tutte le diverse
situazioni senza catalogarle. Ciò non impedisce di presentare l’ideale
cristiano di famiglia in tutto il suo splendore.
Il
principio pastorale di discernere e accompagnare, presente già nei documenti
sinodali, non vale solo per i matrimoni e famiglie così detti irregolari, ma va
applicato a tutte le famiglie perché
tutte sono in cammino verso più alti traguardi.
Bisogna
fare un doveroso atto di autocritica. Non di rado si è presentato un ideale di
matrimonio e di famiglia troppo astratto, che ha contribuito a creare le
situazioni che oggi lamentiamo. Bisognerebbe invece saper esporre le ragioni e
le motivazione che fanno amare il matrimonio e la famiglia cristiana.
Seguendo
le orme del Sinodo, AL dà somma importanza alla formazione al matrimonio, da
continuare magari anche dopo la celebrazione del sacramento.
Nella
pastorale famigliare bisogna evitare i due estremi del rigorismo e del
lassismo. Occorre invece formare la coscienza, non sostituirla. Avere più
fiducia nella coscienza dei fedeli.
Una
delle chiavi di lettura del documento è l’importanza data al discernimento
personale, necessario per attuare poi in seguito un discernimento pastorale.
Il
cap. 4 di AL è un bellissimo inno all’amore nel matrimonio, in cui il Papa fa un commento
al cosiddetto inno alla carità di san Paolo (1 Cor 13,4-7). E' un capitolo che possiamo chiamare originale in rapporto ai documenti sinodali.
Il
cap. 8 di AL parla delle ferite dell’amore in seno al matrimonio e alla
famiglia. Il titolo del capitolo indica in poche parole la terapia pastorale da
seguire: “accompagnare, discernere e integrare la fragilità”. Per quanto
riguarda i divorziati risposati civilmente, è fondamentale quanto si afferma al
n. 300. La varietà delle situazioni concrete sono tante… E’ comprensibile
quindi che non si debba aspettare da AL una nuova normativa generale di tipo canonico.
Il documento ripete praticamente quanto affermava la Relatio finalis del Sinodo nei numeri 84, 85 e 86. Si tratta di
accompagnare, discernere e integrare. La domanda che molti si faranno è se l’integrazione
può arrivare in certi casi all’ammissione dei divorziati risposati alla
comunione eucaristica. Al riguardo occorre leggere attentamente quanto si dice sulle
“norme e il discernimento” al n. 305, nota 351: “In certi casi [l’aiuto della
Chiesa] potrebbe essere anche l’aiuto
dei sacramenti…”