Ho
partecipato al Convegno su “Diritto e norma nella liturgia”, organizzato dalla
Facoltà di Diritto Canonico della Pontifica Università della Santa Croce (Roma
18-19 aprile 2016). Due giorni con un insieme di 10 interventi, alcuni di
grande interesse.
Avrei
molte cose da comunicare ai lettori del blog. Inizio con una questione che da
tempo è parte del dibattito liturgico: le parole sul calice in cui la versione
italiana (e altre versioni) dice: “…versato per voi e per tutti” (il testo latino dice “pro multis”). Il prof. Giuseppe Comotti, dell’Università di Verona,
ha parlato della “Rilevanza della consuetudine in ambito cultuale”.
Praticamente il giurista ha commentato i canoni 23-28 del CIC. L’intervento ha
suscitato in me una domanda che ho rivolto al professore in questi termini: si
può considerare una “consuetudine” con forza di legge l’uso della versione “per
tutti”? Il professore non ha negato che tale uso possa essere considerato una
consuetudine con forza di legge. Prima di tutto, non è contraria al diritto
divino (can. 24); poi è stata osservata da una comunità capace di ricevere una
legge (can. 25); e ciò è stato fatto legittimamente per più di trenta anni
completi (can. 26); si potrebbe dire anche che è una consuetudini che in fondo
è ottima interprete del senso del testo latino, dato che il “pro multis” non nega che Cristo abbia
effuso il sangue per tutti (can. 27).
m.
a.