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domenica 12 giugno 2016

PREGARE “IN NOMINE ECCLESIAE”


 

Nel corso dei lavori della Commissione liturgica preparatoria al Concilio Vaticano II, il card. Gaetano Cicognani ha voluto che fossero consultati alcuni noti teologi, non membri della Commissione, sulla natura e valore della preghiera fatta “in nomine Ecclesiae”. Karl Rahner, consultato, rispose distinguendo in primo luogo la glorificazione oggettiva di Dio da quella formale. La prima viene data a Dio da ogni creatura per il solo fatto di esistere, la seconda quando la creatura, dotata di spirito e libera, riconosce spontaneamente e amorosamente l’infinita superiorità di Dio.

 

Questa distinzione è letta da Rahner in relazione all’opus operatum e all’opus operantis. Circa la preghiera infatti – quoad substantiam – anche se fatta senza devozione può valere come soddisfazione dell’obbligo di recitare il breviario, quindi anche una preghiera di questo genere risulta compiuta “in nome della Chiesa”. In realtà però solo una preghiera suscitata e vivificata dalla grazia soprannaturale si può chiamare per Rahner atto salvifico: è la divinizzazione dell’uomo che consiste nell’autocomunicazione di Dio tramite la grazia increata. Questa divinizzazione si attualizza in chi prega attraverso quei gemiti inesprimibili coi quali lo Spirito Santo stesso divinizza questa preghiera nei cuori dei giustificati. Ne consegue che ogni preghiera soprannaturale che viene fatta attingendo alla grazia di Cristo e quindi in seno al suo Corpo mistico può a buon diritto venire detta un atto della Chiesa. Non possiamo qui non segnalare il valore di questa affermazione sul versante ecumenico. Rahner infatti rifugge da quello che definisce un “Nestorianimus  ecclesiologicus” che enumera nel concetto complessivo di Chiesa solo le note che rientrano nella sua struttura esteriore e sociale. Nel concetto di Chiesa non si deve trascurare l’interiore animazione dello Spirito Santo, grazie alla quale non è lecito dire “simpliciter extra Ecclesiam esse, qui Spiritum hunc huius Ecclesiae possident”. Da questa prospettiva la preghiera degli acattolici giustificati dalla grazia, che hanno ricevuto un battesimo valido e fruttuoso, “licet visibilia membra Ecclesiae visibilis non sint simpliciter, oratio (absolute loquendo, i.e. si oratio mensuratur secundum mensuram ultimam dignitatis et valoris  orationis, quae est gratia) eiusdem dignitatis et valoris est quam oratio membrorum simpliciter et strictissime dictorum. Nam horum oratio summam et decisivam dignitatem obtinet  ex illa gratia et illa coniunctione cum Christo et cum eius corpore mystico, quibus etiam illi acatholici iustificati donati sunt, et non precise ex eorum vinculis iuridicis et externis cum Ecclesia”.

 

Ogni preghiera soprannaturale infatti, che viene fatta in seno al Corpo mistico di Cristo e attingendo alla grazia del Capo, può venir detta rettamente un atto della Chiesa. Similmente e a maggior ragione questo vale per quanto riguarda la preghiera comune dei fedeli, anche parlando di quella “quae iuxta strictissimum conceptum liturgiae hodie usitatum ‘liturgica’ dici nequit”. In qualsiasi preghiera comune di questo genere infatti, risaltano visibilmente tutte le proprietà essenziali insite in ogni preghiera. A questo atto ecclesiale, un esplicito assetto liturgico imposto dalla Chiesa non aggiunge alcuna dignità superiore davanti a Dio, perché non dà dignità più grande da quella conferita alla preghiera dallo Spirito col suo gemito inesprimibile. L’assetto liturgico non rende la preghiera del cristiano più grande, ma atto della Chiesa in quanto società visibile, fa sì che la preghiera comune avvenga effettivamente, degnamente e frequentemente. Per Rahner quindi ogni preghiera del cristiano attinge il proprio valore dalla grazia increata, dallo Spirito Santo che prega in noi e divinizza la preghiera. L’assetto liturgico fa semplicemente sì che i cristiani abbiano la certezza, siano più sicuri che questa preghiera per la sua oggettività risulti effettivamente gradita a Dio, ma questo “valore aggiunto” è incomparabilmente più esiguo dal valore della preghiera che viene fatta nello Spirito Santo.

  

Fonte: Angelo Lameri, Alla ricerca del fondamento teologico della partecipazione attiva alla liturgia. Il dibattito nella commissione liturgica preparatoria del Concilio Vaticano II (con testi inediti di G. Bevilacqua, P. Jounel, A.-M. Roguet, K. Rahner), Edizioni Liturgiche, Roma 2016, pp. 30-32.