Fin dai primi paragrafi delle tre redazioni della fase preparatoria della
costituzione liturgica emerge non solo l’intima relazione tra la liturgia e il
mistero della Chiesa, ma soprattutto il fatto che la celebrazione liturgica
stessa è eminente manifestazione della natura della Chiesa: “Liturgia enim, per
quam opus Redemptionis exercetur, summe confert ut fideles vivant et aliis
manifestent mysterium Christi et genuinam verae Ecclesiae naturam” (PCP, 461).
Questa manifestazione non può che avvenire nel momento della celebrazione
stessa, per cui, come aveva affermato Jounel nella sua relazione, il radunarsi
del popolo di Dio è il primo “segno” liturgico. È impossibile infatti definire
la liturgia come atto sacerdotale della Chiesa e sua epifania senza evocare
l’assemblea liturgica. Essa, infatti, sempre secondo Jounel, “est à la fois la
manifestation visible, de signe sensible du Corps mystique du Christ, et le
moyen privilégié par laquel se contruit chaque jour davantage le Corps du
Christ. Mysterium nostrum in mensa
dominica positus est, selon l’expression célèbre de S. Augustin, que
rapporte Pie XII (ibid. p. 559). L’Église fait l’Eucharistie et l’Eucharistie
bâtit l’Église. Or cette double activité essentielle, dans laquelle se fondent
la glorification de Dieu et la sanctification de l’homme, c’est dans
l’assemblée liturgique qu’elle se déroule. Telle est la raison pour laquel le
chrétien qui veut glorifier le Seigneur et s’unir intimement au mystère
rédempteur doit considérer come son summum officium et sa summa dignitas le
fait d’apporter une participation ‘active et intelligente’ (AAS 1956, p. 716) à
l’assemblée liturgique”.
In quegli anni il tema dell’assemblea liturgica era stato particolarmente
approfondito da E.-G. Martimort con alcuni articoli apparsi nella rivista La Maison-Dieu, si capisce quindi come
Jounel proponga di considerare l’assemblea liturgica come “segno globale” della
celebrazione. Anche se negli schemi delle tre redazioni preparatorie non
troviamo un esplicito riferimento all’assemblea liturgica come segno globale,
appare però con sufficiente chiarezza che se la liturgia è epifania del mistero
della Chiesa e se la natura comunitaria dell’azione liturgica è
indissolubilmente legata alla natura stessa della liturgia, essa richiede l’azione
di tutta l’assemblea riunita. Leggiamo nella declaratio del paragrafo 107 della redazione dell’agosto 1961: “Olim
quidam putabant liturgiam rem esse cleri. Renascentia liturgica hodierna in
lucem posuit veram naturam liturgiae requiri actionem totius cristiani coetus
congregati una cum sacerdote. Huic principio omnia liturgiae elementa inservire
debent”.
Se da un lato, per quanto riguarda la validità, la liturgia può essere
celebrata senza un’assemblea radunata, dall’altro però la celebrazione richiama
sempre la riunione dei fedeli, perché l’assemblea liturgica è la manifestazione
più espressiva della Chiesa, perché nell’assemblea liturgica Cristo stesso è
presente. Scrive Martimort: “I Padri dicono dell’assemblea liturgica
particolare ciò che è proprio della Chiesa intera: che essa è il Corpo di
Cristo, al punto che non venire all’assemblea è diminuire il Corpo di Cristo; i
cristiani sono invitati a radunarsi ‘come in un solo Tempio di Dio’; la voce
dell’assemblea è la voce della Chiesa, sposa di Cristo; il sacrificio offerto
nell’assemblea è la Messa, memoriale della presenza del sacrificio della Croce
che fa la Chiesa”.
L’idea passerà successivamente nella Costituzione liturgica conciliare e
verrà esplicitata in modo chiaro e inequivocabile nel Catechismo della Chiesa Cattolica: “L’assemblea che celebra
[celebrans congregatio] è la comunità dei battezzati” (n. 1141), quindi “nella
celebrazione dei sacramenti, tutta l’assemblea è ‘liturga’ [tota congregatio ‘liturgus’
est], ciascuno secondo la propria funzione, ma nell’ ‘unità dello Spirito’ che
agisce in tutti” (n. 1144).
Fonte: Angelo Lameri, Alla ricerca
del fondamento teologico della partecipazione attiva alla liturgia. Il
dibattito nella commissione liturgica preparatoria del Concilio Vaticano II,
Edizioni Liturgiche, Roma 2016, pp. 52-54 (Le note a pie pagina non sono
riportate qui).