Non c’è dubbio che uno dei temi che
agitano la questione liturgica è il rapporto tra sacro e profano, questione che
interessa non solo alla ricerca teologica, ma anche alla filosofia,
all’antropologia… Senza grandi pretese, in questo blog più volte ci siamo
interessati dell’argomento. In questi giorni ho avuto tra le mani un piccolo
libro classico sull’argomento: Jean-Jacques Wunenburger, Le sacré (Que
sais-je?), Presses Universitaires de France, Paris 20136. 126 pp.
L’autore è un noto professore di filosofia.
Sul rapporto tra sacro e profano, ecco
in stringata sintesi quanto afferma l’autore nella seconda parte del volumetto:
L’opposizione
assoluta tra sacro e profano sembra ad alcuni autori rivelatrice della
struttura stessa del sacro. Secondo É. Durkheim, la divisione del mondo in due
settori comprendenti l’uno tutto ciò che è sacro, l’altro tutto ciò che è profano…,
è il tratto distintivo del pensiero religioso.
Ma,
ci domandiamo, il sacro e il profano costituiscono veramente due tipi di fatti
indipendenti ed opposti? I riti sacri implicano sempre una rottura tra due
situazioni della coscienza, due luoghi, due momenti, segnati da gesti o parole
simboliche. Ma i comportamenti sacri fanno appello al corpo, all’affettività o
allo spirito, come d’altronde anche i comportamenti profani. La differenza tra
un gesto rituale profano e un gesto rituale sacro non è sempre chiara. Questa
difficoltà spiega fino a che punto il sacro è sempre minacciato da deviazioni,
e spiega anche come un rito religioso possa degenerare in condotta gratificante
di piacere.
Il
vissuto sacro è un equilibrio sempre difficile di conservare tra due
aspirazioni contrarie, ma sempre mescolate. Possiamo quindi affermare che
l’opposizione tra sacro e profano sia stata sopravalutata. Si potrebbe dire che
sacro e profano, più che essere due mondi separati, esprimono due poli di
valutazione della vita e del mondo.
La
desacralizzazione dei fenomeni sociali e culturali mette in evidenza il
carattere labile, fragile, ambivalente del sacro, frequentemente a vantaggio di
una affermazione e legittimazione di altre forme di relazione con la
trascendenza come la fede, la mistica o la stessa speculazione teologica.