Pietro Antonio Ruggiero, Schola
amoris. La Messa come relazione. Dal Convegno Ecclesiale di Firenze al
Congresso Eucaristico di Genova (Apta mihi 3), Euno Edizioni, Leonforte
(En) 2016. 158 pp.
Presento con piacere un libro originale nel linguaggio e sostanzioso nel
contenuto. Un linguaggio che riesce a spiegare con semplicità e chiarezza ciò
che è la santa Messa senza impoverirne la dottrina. Il taglio dato al lavoro è spiegato
bene dall’Autore nella Prefazione: “… riandare alla scuola dell’Eucaristia
equivale a ritornare alla scuola dell’amore relazionale, tutto ciò
riappropriandosi del rito…” Il discorso sul rito della Messa è così diviso: La
liturgia iniziale (Signore, permetti che mi avvicini un po’?); La liturgia
della Parola (Signore, possiamo parlare un po’?); Intermezzo: presentazione
delle offerte; La preghiera eucaristica (Signore, parliamo cuore a cuore!); La
comunione (Signore, ora siamo una cosa sola!). Il testo è un tentativo riuscito
di leggere la celebrazione eucaristica in chiave “relazionale”.
Giustamente, l’Autore sottolinea l’azione primaria di Dio, la dimensione
verticale e l’atmosfera adorante della
celebrazione. Ci sono alcune affermazioni però che potrebbero indurre ad una
visione parziale della celebrazione eucaristica, come quando a p. 89 si dice
che “la liturgia non si celebra per noi, ma per Dio”. Non credo che si possa
negare che la liturgia si celebra anche per noi…La priorità essenziale della gloria di Dio non può contraddire la priorità esistenziale della dimensione salvifica. Basterebbe ricordare al riguardo Sacrosanctum Concilium 7 e quanto afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 1083, dove parla della "duplice dimensione della liturgia cristiana come risposta di fede e di amore alle benedizioni spirituali di cui il Padre ci fa dono..." Più avanti, l'Autore, a p. 93, afferma
che “il vertice della celebrazione eucaristica è costituito dal racconto del
‘miracolo della Presenza’…” Cosa che in seguito però sembra essere smentita
quando si dice parlando della comunione, che in questo momento “tutto è arrivato
al vertice…” (p. 113). Il lettore si domanda quindi quale sia il vero “vertice”
della celebrazione. Credo però che queste e altre affermazioni simili non inficiano la validità dell’insieme
del discorso.
M.A.