Una chiesa
può esistere senza campane; l’Eucaristia anche. Tuttavia la loro presenza e il
loro suono sono tutt’altro che quelli di un semplice strumento, un segnale
sonoro per avvisare che sta iniziando la Messa. Non sono uno strumento
pubblicitario. Esse contrastano in maniera evidente con la mentalità
contemporanea. Le campane “chiamano”. Noi siamo terribilmente schiavi di una
mentalità che ci induce a pensare che è impossibile che qualcuno decida al
posto nostro. Io vado dove voglio e quando voglio. Io decido quello che devo
fare. Anche nei confronti della Messa non è raro sentire dire: io vado a Messa
solo quando mi sento.
Alla loro
maniera le campane dicono esattamente il contrario e cioè che non siamo noi a
decidere di riunirci. E’ un Altro che ci chiama. Noi andiamo a Messa perché
siamo stati invitati. Perché non siamo stati noi ad amare Dio, ma è Lui che ci
ha amati per primo (cf. Gv 4,10). Le campane simboleggiano qualcosa d’essenziale
per il nostro culto: l’iniziativa dell’incontro non viene dalla nostra parte,
ma dalla parte di Dio. Questo ci dice che su di noi non pesa la responsabilità
dell’iniziativa, ma della risposta. Altro che andare a Messa “quando mi sento”,
qui si tratta di rispondere a una chiamata. Forse bisognerebbe abituarsi ad un’altra
espressione, non tanto “non mi sento”, ma “non sento”.
Fonte: Pietro
Antonio Ruggiero, Schola amoris. La Messa
come relazione, Euno Edizioni, Leonforte 2016, pp. 41-42.