Sal
18 (19): I precetti del Signore fanno
gioire il cuore
Col
1,15-20: Tutte le cose sono state create
per mezzo di lui
Lc
10,25-37: Hai risposto bene; fa’ questo e
vivrai
Il tema del comandamento dell’amore
vicendevole di cui parla il brano evangelico ci viene proposto più volte lungo
l’anno liturgico. Si tratta della legge fondamentale del credente, quella legge
di cui Mosè tesse le lodi nella la prima lettura. Alla domanda del dottore
della legge su che cosa debba egli fare per ereditare la vita eterna, Gesù non
risponde ma rimanda l’interlocutore a ciò che sta scritto nella Legge di Mosè e
che lo stesso dottore della legge riassume bene così: “Amerai il Signore tuo
Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e
con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso”. Partendo dall’amore
di sé e da quello di Dio, diventa autentico l’amore per l’altro. Diversamente,
c’è il pericolo di amare il prossimo, presentandogli il conto. La novità però
dell’insegnamento di Gesù sta nella risposta alla seconda domanda formulata
dallo scriba: “chi è il mio prossimo?”, questione dibattuta dal rabbinismo. A
questa domanda Gesù risponde con la splendida parabola del Samaritano. Con
questa parabola Gesù invita a superare ogni diatriba teorica ed evasiva sul
contenuto reale da dare al termine “prossimo”: ogni uomo che si trova in
bisogno, sia esso amico o nemico, è “prossimo” a tutti gli altri uomini che, in
qualsiasi maniera, vengono in contatto con lui.
Nella seconda lettura si parla di
Cristo “immagine del Dio invisibile”, espressione perfetta del volto del Padre,
e perciò anche del suo amore infinito. Nel malcapitato i Padri vedono l’umanità
peccatrice e nel buon Samaritano vedono il Cristo, che su tale umanità si china
per prendersene cura. In Cristo Dio si è fatto “vicino” (cf. Rm 10,5-10) e in
lui e con lui è possibile amare il prossimo.