Roberto Tagliaferri – Aldo Terrin (edd.), La pastoralità e la questione dell’individuo nella liturgia (“Caro
salutis cardo” – Contributi 30), Centro Liturgico Vincenziano, Roma – Abbazia
di Saanta Giustina, Padova 2016. 297 pp.
Il volume è diviso in due parti: 1. La questione pastorale del Vaticano
II; 2. La liturgia pastorale tra individuo e comunità. La prima parte contiene
tre studi: “Il Vaticano II. Un Concilio per il XXI secolo” (Gilles Routhier);
“Il concetto di pastoralità nel Concilio Vaticano II: la dinamica
interno-esterno” (Roberto Tagliaferri); “L’apporto delle scienze umane alla
liturgia pastorale” (Aldo Natale Terrin). La parte seconda, quella più lunga,
tratta un tema di grande attualità: “Il soggetto individuale nell’esperienza
orante attestata nell’epistolario paolino” (Rinaldo Fabris); “Dal rito al
teatro: il corpo a corpo nella liturgia di tipo neo-pentecostale” (Enzo Pace);
“L’io e il noi nell’esperienza del sacro” (A.N. Terrin); “L’io e il noi nel movimento liturgico” (Paolo Tomatis); “Fides Ecclesiae e Fides
Subiecti. La questione contemporanea” (Sergio Ubbiali); “Il soggetto
individuale nel linguaggio liturgico attuale” (Luigi Girardi).
Se nel Movimento Liturgico il ricupero della liturgia è avvenuto in gran
parte all’insegna della sua dimensione ecclesiale e oggettiva, oggi sembra che
l’oscillazione pastorale rimetta in primo piano le esigenze singolari dell’individuo.
Il Vaticano II ha avuto una attenzione “particolare” richiamando l’esigenza
dell’inculturazione e dell’adattamento, ma il problema ancora più specifico del
rapporto tra l’individuo e il soggetto plurale rimane inevaso a livello
riflessivo e bisognoso di un nuovo riequilibrio.
La Chiesa, e quindi anche la liturgia, è costretta a confrontarsi con i
contesti storici differenti come quello occidentale, dove la sensibilità verso
l’individuo mette in crisi i riti tradizionali di tipo sociale. L’esperienza religiosa,
compresa quella cristiana, è sempre più un fatto personale. C’è un certo “relativismo”
della fede cristiana, non nella sua sostanza, ma nel modo in cui viene recepita
a livello socio-culturale. Oggi ci sono modi di credere troppo diversi all’interno
della stessa visione cattolica. Ma questa tendenza è veicolata dalla cultura.
Se il singolo è fine a se stesso nella cultura attuale, significa che stiamo
vivendo un periodo in cui la persona è il centro della libertà e dell’autonomia
così come è al centro delle sue credenze.
Nel veloce passaggio da una società autoritaria ad una società
democratica è stato gioco-forza per il Concilio far proprio l’anelito di
partecipazione dei soggetti al culto. Per questo la ricerca delle condizioni
per un’effettiva partecipazione liturgica, che ha ispirato il lavoro della
riforma, ha posto le basi per un profondo ripensamento della relazione tra l’io
e il noi. E’ vero che la liturgia usa prevalentemente il noi, però non esclude l’io
o vi si contrappone, ma lo include. Il culto cristiano non disprezza gli “slanci
del cuore”, ma neppure li abbandona alla pura evasione del sé, alla totale
dispersione dell’io: piuttosto li raccoglie nella concentrazione di un ordine e
di una misura che fonda l’estetico nell’etico.