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sabato 10 dicembre 2016

DOMENICA III DI AVVENTO (A)




Vieni, Signore,a salvarci

 

Is 35,1-6a.8a.10; Sal 145 (146); Gc 5,7-10; Mt 11,2-11

 

Il Sal 145 è un inno di gioia e di lode in onore del Dio fedele e liberatore d’Israele. Il salmista, dopo aver valutato l’impotenza e l’inconsistenza umana di fronte all’onnipotenza divina, fa una descrizione particolareggiata dell’azione misericordiosa di Dio verso i bisognosi e gli abbandonati: il Signore “rende giustizia agli oppressi, dà il pane agli affamati [...] ridona la vista ai cechi...” Noi preghiamo il salmo consapevoli che in Cristo, Verbo di Dio incarnato, si è manifestata la bontà misericordiosa e provvidente  di Dio “per rendere giustizia agli oppressi” (cf. At 10,39; Lc 4,18), per dare il pane agli affamati (cf. Gv 6,11.51), per sciogliere i prigionieri e aprire gli occhi ai ciechi (cf. Lc 4,18; Mt 9,29-30; 20,34; Gv 9,7), ecc. L’Avvento è attesa gioiosa del Signore che viene a salvarci.

 

Il brano evangelico odierno esordisce con queste parole: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”. E’ la domanda che i discepoli di Giovanni Battista rivolgono a Gesù. E’ una domanda che ha una sua attualità. L’interrogativo ci deve tenere costantemente aperti a una nuova visuale delle cose che ci permetta di riconoscere l’azione sempre nuova di Dio nella storia. Chi è per noi Gesù? Abbiamo riconosciuto in lui il nostro Salvatore? Gesù alla domanda rivoltagli da Giovanni per bocca dei suoi dei discepoli, invece di rispondergli con un sì o con un no, lo rimanda a quelle opere di cui Giovanni aveva sentito parlare, opere che documentano attraverso una libera citazione del profeta Isaia (brano riproposto come prima lettura) che egli è veramente il Messia inviato da Dio. Per Giovanni, tormentato dal dubbio, la parola di Gesù è un invito a fidarsi di lui, a credere. L’uomo che è in attesa di salvezza, ha nelle parole e nelle opere di Gesù una risposta definitiva. In lui la salvezza di Dio ha fatto irruzione nella nostra vita.

 

Da parte sua, san Giacomo, nella seconda lettura, ci invita a perseverare in un atteggiamento di pazienza. E’ vero - lo abbiamo detto - la salvezza di Dio si è manifestata nel suo Figlio fatto uomo, egli è il Salvatore promesso. I frutti pieni della sua venuta però li dobbiamo raccogliere giorno dopo giorno nell’operosità paziente e incessante. Per san Giacomo, il mistero della nostra salvezza è simile al ciclo della natura nel suo rinnovarsi incessante, che alla fine non delude l’attesa paziente e testarda del contadino. Abbiamo bisogno di tempo affinché il regno di Dio cresca e maturi nella storia, in ciascun di noi. La pazienza esige disponibilità e cooperazione alla crescita. Il domani di salvezza definitiva che attendiamo è anche nelle nostri mani.

 

La salvezza di Dio è vicina a noi, anzi è in mezzo a noi, e ciò dev’essere motivo di gioia. Non è la gioia di chi non trova ostacoli da affrontare; è la gioia di chi accetta il piano di Dio su di lui e si sente al suo posto, sa che la sua vita è al sicuro e può compiere le sue scelte con piena libertà interiore. Nei momenti di smarrimento o di sofferenza, nei momenti di stanchezza, quando le certezze sembrano svanire, la fede ci assicura che Dio viene a salvarci, che la nostra attesa non è vana. Se abbiamo riconosciuto Gesù come nostro Salvatore, il nostro cuore non ha nulla da temere.      

 

Gesù è vicino a noi come Salvatore soprattutto nell’eucaristia. L’antifona di comunione lo afferma riproponendo le parole di Is 35,4, tratte dalla prima lettura d’oggi: “Coraggio, non abbiate timore; ecco, il nostro Dio viene a salvarci”. E l’orazione sulle offerte precisa che il sacrificio eucaristico rende “efficace in noi l’opera della salvezza”.