Vieni,
Signore,a salvarci
Is
35,1-6a.8a.10; Sal 145 (146); Gc 5,7-10; Mt 11,2-11
Il Sal 145 è
un inno di gioia e di lode in onore del Dio fedele e liberatore d’Israele. Il
salmista, dopo aver valutato l’impotenza e l’inconsistenza umana di fronte
all’onnipotenza divina, fa una descrizione particolareggiata dell’azione
misericordiosa di Dio verso i bisognosi e gli abbandonati: il Signore “rende
giustizia agli oppressi, dà il pane agli affamati [...] ridona la vista ai
cechi...” Noi preghiamo il salmo consapevoli che in Cristo, Verbo di Dio
incarnato, si è manifestata la bontà misericordiosa e provvidente di Dio “per rendere giustizia agli oppressi”
(cf. At 10,39; Lc 4,18), per dare il pane agli affamati (cf. Gv 6,11.51), per
sciogliere i prigionieri e aprire gli occhi ai ciechi (cf. Lc 4,18; Mt 9,29-30;
20,34; Gv 9,7), ecc. L’Avvento è attesa gioiosa del Signore che viene a
salvarci.
Il brano
evangelico odierno esordisce con queste parole: “Sei tu colui che deve venire o
dobbiamo aspettare un altro?”. E’ la domanda che i discepoli di Giovanni
Battista rivolgono a Gesù. E’ una domanda che ha una sua attualità.
L’interrogativo ci deve tenere costantemente aperti a una nuova visuale delle
cose che ci permetta di riconoscere l’azione sempre nuova di Dio nella storia.
Chi è per noi Gesù? Abbiamo riconosciuto in lui il nostro Salvatore? Gesù alla
domanda rivoltagli da Giovanni per bocca dei suoi dei discepoli, invece di
rispondergli con un sì o con un no, lo rimanda a quelle opere di cui Giovanni
aveva sentito parlare, opere che documentano attraverso una libera citazione
del profeta Isaia (brano riproposto come prima lettura) che egli è veramente il
Messia inviato da Dio. Per Giovanni, tormentato dal dubbio, la parola di Gesù è
un invito a fidarsi di lui, a credere. L’uomo che è in attesa di salvezza, ha
nelle parole e nelle opere di Gesù una risposta definitiva. In lui la salvezza
di Dio ha fatto irruzione nella nostra vita.
Da parte sua,
san Giacomo, nella seconda lettura, ci invita a perseverare in un atteggiamento
di pazienza. E’ vero - lo abbiamo detto - la salvezza di Dio si è manifestata
nel suo Figlio fatto uomo, egli è il Salvatore promesso. I frutti pieni della
sua venuta però li dobbiamo raccogliere giorno dopo giorno nell’operosità
paziente e incessante. Per san Giacomo, il mistero della nostra salvezza è
simile al ciclo della natura nel suo rinnovarsi incessante, che alla fine non
delude l’attesa paziente e testarda del contadino. Abbiamo bisogno di tempo
affinché il regno di Dio cresca e maturi nella storia, in ciascun di noi. La
pazienza esige disponibilità e cooperazione alla crescita. Il domani di
salvezza definitiva che attendiamo è anche nelle nostri mani.
La salvezza
di Dio è vicina a noi, anzi è in mezzo a noi, e ciò dev’essere motivo di gioia.
Non è la gioia di chi non trova ostacoli da affrontare; è la gioia di chi
accetta il piano di Dio su di lui e si sente al suo posto, sa che la sua vita è
al sicuro e può compiere le sue scelte con piena libertà interiore. Nei momenti
di smarrimento o di sofferenza, nei momenti di stanchezza, quando le certezze
sembrano svanire, la fede ci assicura che Dio viene a salvarci, che la nostra
attesa non è vana. Se abbiamo riconosciuto Gesù come nostro Salvatore, il
nostro cuore non ha nulla da temere.
Gesù è vicino
a noi come Salvatore soprattutto nell’eucaristia. L’antifona di comunione lo
afferma riproponendo le parole di Is 35,4, tratte dalla prima lettura d’oggi:
“Coraggio, non abbiate timore; ecco, il nostro Dio viene a salvarci”. E
l’orazione sulle offerte precisa che il sacrificio eucaristico rende “efficace
in noi l’opera della salvezza”.