Messa
della notte
Oggi
è nato per noi il Salvatore
Is
9,1-3.5-6; Sal 95 (96); Tt 2,11-14; Lc 2,1-14
Il
progetto di salvezza che Dio ha da tutta l’eternità sull’uomo e sul mondo trova
nella nascita di Gesù il momento culminante della sua attuazione. La Chiesa,
riprendendo il Sal 95 nella sua liturgia natalizia (lo troviamo come salmo
responsoriale anche nei giorni 29, 30, 31 dicembre), vede in esso una profezia
dell’incarnazione del Verbo e della vocazione di tutti i popoli della terra
dall’idolatria alla fede in lui, venuto per salvare tutte le nazioni. Tutta la
creazione è invitata a partecipare alla danza di gioia, perché il Signore
governerà tutte le genti del mondo con giustizia. Il bambino nato a Betlemme è
quindi il nostro Salvatore: “Oggi è nato per noi il Salvatore”. E’ un annuncio
che si ripete più volte in questa santissima notte di Natale (antifona
d’ingresso, canto al vangelo, lettura evangelica, antifona alla comunione).
Il
tema predominante nei testi di questa notte è la luce (colletta, prima lettura,
vangelo, orazione sulle offerte). La prima lettura ci ricorda che come è stato
per l’antico popolo d’Israele, così pure è per tutta la storia dell’umanità che
cammina nelle tenebre e nell’oppressione alla ricerca di luce, di verità, di
speranza e di pace. Gesù, il “Principe
della pace”, di cui parla il profeta Isaia, è la risposta definitiva di Dio
alle attese dell’umanità. Anche per noi è offerta la visione della grande luce
che fa fiorire la gioia. In Gesù - dice san Paolo nella seconda lettura – “è
apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini”.
Questo
messaggio di salvezza viene comunicato non ai potenti della terra, ma a un
gruppo di umili pastorali, rozzi, affaticati dalle lunghe e gelide notti di
Palestina. ai quali l’angelo del Signore dice: “oggi, nella città di Davide, è
nato per voi un salvatore, che è Cristo Signore”. Poi, con l’angelo, appare una
moltitudine di spiriti celesti che al tempo stesso che annunciano “sulla terra
pace agli uomini”, proclamano “gloria a Dio nel più alto dei cieli”. La gloria
di Dio è Dio stesso in quanto si rivela nella sua maestà, nella sua potenza,
nello splendore della sua santità. La “pace in terra” quindi è la
manifestazione storica della gloria di Dio, la manifestazione della volontà
salvifica di Dio in Cristo per noi. Possiamo quindi affermare anche che quando
gli uomini siamo nella pace, viviamo in pace, Dio è glorificato in noi: la
gloria di Dio è l’uomo redento, l’uomo che ha accolto Gesù come Salvatore.
Gesù, “Principe della pace”, appare nella storia dell’umanità come segno di
riconciliazione con Dio e con gli uomini. Con lui “la vera pace è scesa a noi
dal cielo” (antifona d’ingresso). Incarnazione e mistero pasquale sono misteri
indissolubili e mentre si celebra uno, non si può non associarlo all’altro:
“Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità” (seconda lettura).
La
nascita di Gesù da Maria a Betlemme segna l’inizio della nostra era indicando
in questo modo che ciò che in quella notte accadde è stato fondamentale per la
storia degli uomini. La nostra storia, la nostra vita, le sorti dell’umanità
dipendono da questo fatto e trovano in esso ispirazione e senso. La storia
dell’uomo ha senso perché Cristo ne è parte integrante, perché egli ne è anzi
il personaggio centrale. Sulla scia di Gesù noi camminiamo per le strade del
mondo certi di non andare allo sbaraglio, ma di avere un traguardo di salvezza.
Tutti i nostri limiti, tutte le nostre sofferenze, tutte le nostre paure, tutte
le nostre miserie sono state redente dal momento che Dio stesso le ha assunte
nell’umanità di Gesù.
Messa
dell’aurora
Oggi
la luce risplende su di noi
Is
62,11-12; Sal 96 (97); Tt 3,4-7; Lc 2,15-20
Come
nella messa di mezzanotte, anche in quella dell’aurora riappare il tema della
luce (antifona d’inizio, colletta, salmo responsoriale) abbinato a quello della
gioia (salmo responsoriale, antifona alla comunione, preghiera dopo la
comunione). Il Sal 96 presenta il regno di Dio come un’apparizione
sconvolgente, nella quale saranno travolte le potenze del male che dominano il
mondo. I versetti del salmo ripresi dall’odierna liturgia fanno riferimento in
modo particolare ai temi della luce e della gioia, che sono temi squisitamente
natalizi: Jhwh, re della luce, appare nella cornice di una gloriosa teofania a
cui assiste tutta la sfilata delle creature e tutta l’umanità. Con questo testo
la Chiesa celebra la manifestazione di Cristo nella carne come una luce
soprannaturale, che si è levata per il giusto e ha recato gioia ai retti di
cuore.
Nella
prima lettura, ci viene proposto un breve oracolo del Terzo Isaia. Al popolo
ebreo umiliato dall’esilio, il profeta annuncia la liberazione: “Arriva il tuo
Salvatore”. Il popolo liberato acquista una fisionomia diversa: diventa “popolo
santo”, “redento dal Signore”, “ricercato” e “non abbandonato”. Alla luce di
questo oracolo, il mistero del Natale appare come la manifestazione dell’amore
di Dio che salva. Anche la lettura apostolica parla della manifestazione della
bontà di Dio, Salvatore nostro, che effonde la sua misericordia: san Paolo,
rivolgendosi al suo discepolo Tito, afferma che la prova massima della sua
bontà e del suo amore Dio ce lo ha fornito donandoci il suo proprio Figlio. Il
Natale celebra il dono dell’amore divino nel Cristo, rivelazione del Padre e
salvezza del mondo.
Nella
lettura evangelica continua la narrazione dell’annunciazione ai pastori, aperta
nella messa della notte. Il brano odierno mette in evidenza la risposta dei
pastori alle parole dell’angelo, una risposta coerente e immediata: “Andiamo
dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto
conoscere...” E san Luca aggiunge: “E dopo averlo visto riferirono ciò che del
bambino era stato detto loro”. L’evangelista parla anche di Maria, la madre di
Gesù, la quale raccoglie queste parole
(così letteralmente) e le medita nel suo cuore, cioè cerca di penetrarne il
senso. Fin d’ora Maria è il tipo di ogni vero uditore della parola di Dio. I
pastori se ne sono andati “glorificando e lodando Dio”. Il loro andare
diventerà, nel corso del Vangelo e degli Atti degli Apostoli, paradigma della
diffusione della Buona Novella tra le genti.
La
salvezza di Dio ci viene offerta in forma umana, nella povertà e debolezza, nel
“segno” di un bambino, che assume la nostra debolezza: “la nostra debolezza è assunta
dal Verbo” (prefazio III del Natale). Perciò la tradizione cristiana ha fatto
del Natale una festa di profonda solidarietà umana.
Anche
l’eucaristia del Natale rievoca e ripresenta la morte e la risurrezione del
Cristo, ma, con il mistero della Pasqua, e in ordine ad esso, ricorda e
rinnova, in certo modo, tutta la storia della salvezza, di cui l’incarnazione e
la nascita di Gesù sono gli inizi. Il Natale del Signore segna l’inizio di quel
cammino salvifico che porta Gesù a farsi in tutto simile agli uomini, fuorché
nel peccato, fino alla morte di croce: è il cammino che, da una parte, prepara
la Pasqua e ad essa conduce e, dall’altra, riceve significato salvifico proprio
dalla Pasqua.
Messa
del giorno
Tutta
la terra ha veduto la salvezza del Signore
Is
52,7-10; Sal 97 (98); Eb 1,1-6; Gv 1,1-18
Il
Sal 97 ripete pensieri già espressi in altri salmi regali, in particolare nel
Sal 95 proposto come salmo responsoriale nella messa dell’aurora. Nel Natale di
Cristo, la Chiesa ci invita a lodare con le parole profetiche di questo salmo
il Signore che ha compiuto prodigi e ha manifestato la sua salvezza e il suo
amore per la casa d’Israele. Nel bambino di Betlemme questa salvezza si è
manifestata, non solo ad Israele, ma a tutti gli uomini della terra che possono
ormai contemplarla e accoglierla. L’ingresso del Salvatore nel mondo e nella
storia provoca un sussulto di felicità in tutti e in tutto. La gioia del Natale
però sarebbe superficiale se non fosse fondata sulla contemplazione del mistero natalizio alla luce della fede.
Ecco perché in questa messa del giorno siamo invitati a contemplare, guidati
dalla parola di Dio, le profondità di questo mistero.
La
prima lettura riporta un brano del Secondo Isaia, l’anonimo annunziatore del
ritorno di Israele dall’esilio di Babilonia. Il profeta parla di un messaggero
che annunzia pace, felicità, salvezza. Questa missione, nel Nuovo Testamento,
Gesù l’attribuirà a se stesso (cf. Lc 4,43). La seconda lettura conferma che Dio
ha parlato a noi per mezzo del Figlio. La lettura evangelica è presa dal
grandioso prologo al vangelo di Giovanni. Vale la pena di concentrare la nostra
attenzione su questo sublime brano. Giovanni annunzia che il Verbo di Dio si è
fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi; ma al tempo stesso annunzia
che tutti coloro che accolgono questo bambino, il Figlio di Dio fatto carne,
ricevono anch’essi il potere di diventare figli di Dio. In Cristo ci viene
offerta la possibilità di una nuova origine, non più fondata sul sangue e sulla
carne, ma su Dio stesso. Il mistero del Natale riguarda quindi anche noi. Il
mistero di un Dio fatto uomo ci immerge nel mistero dell’uomo che diventa
figlio di Dio. Si tratta di quel “misterioso scambio” di cui parla il III
prefazio di Natale: il Verbo di Dio assume la nostra natura umana nella sua
debolezza e fragilità, e noi, uniti a lui in comunione mirabile, condividiamo
la sua vita immortale (cf. anche la preghiera dopo la comunione). La stessa
dottrina esprime san Paolo in un brano che viene proposto oggi alla nostra
attenzione: “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato
da donna, nato sotto la legge per riscattare coloro che erano sotto la legge,
perché ricevessimo l’adozione a figli” (Primi vespri, lettura breve - Gal
4,4-5). Nel Natale noi contempliamo gli inizi della nostra salvezza. L’antifona
alla comunione, annuncia profeticamente questo evento quando dice: “tutti i
confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio” (cf. Sal 97,3).
Il
grande padre della Chiesa romana, san Leone Magno, contemplando il mistero
dell’Incarnazione, esclama: “Riconosci, cristiano, la tua dignità e, reso
partecipe della natura divina, non voler tornare all’abiezione di un tempo con
una condotta indegna” (Ufficio delle letture, seconda lettura). Questa stessa
esortazione è implicita nel testo del prologo di Giovanni quando si dice che a
colui che accoglie il Figlio di Dio fatto carne, viene dato potere di
“diventare” figlio di Dio: la nostra identità di figli di Dio è inserita dentro
un processo dinamico che si apre ad una crescita progressiva e senza sosta che
ci conduce verso gli spazi della vita divina.
L’eucaristia
che oggi celebriamo è per eccellenza il sacrificio della nuova alleanza, i rito
della nuova umanità, che ci introduce progressivamente alla partecipazione
della vita divina.