Il card.
Sarah, Prefetto della Congregazione per il culto divino, ha inviato un
messaggio ai partecipanti ad un incontro tenuto a Herzogenrath, in Germania, dal
28 marzo al 1 aprile, in occasione del decimo anniversario della promulgazione
del Motu proprio Summorum Pontificum (7
luglio 2007) Il teso in inglese si trova in http://www.catholicworldreport.com
Il cardinale esordisce affermando, tra l’altro, di sentirsi felice di celebrare quest’anno con grande gioia e rendimento di grazie la promulgazione di questo documento.
Il cardinale esordisce affermando, tra l’altro, di sentirsi felice di celebrare quest’anno con grande gioia e rendimento di grazie la promulgazione di questo documento.
Molte
delle cose che il cardinale afferma in questo lungo messaggio sono
condivisibili (la sacralità della celebrazione, il ruolo del silenzio in essa, il
rispetto del rito proposto dalla Chiesa e la conseguente condanna degli abusi,
ecc.). Meraviglia però che il Prefetto della Congregazione per il culto divino
critichi apertamente la riforma liturgica promulgata da Paolo VI. Secondo
Sarah, questa “riforma” ha sostituito il vero “restauro” voluto dal Vaticano
II. A conferma di questa severa affermazione, il cardinale invita a riprendere
la Costituzione Sacrosanctum Concilium e
leggerla onestamente senza tradirne il senso.
Propongo
al signor cardinale di leggere attentamente, magari insieme ad un gruppo di
esperti, in particolare i numeri della Costituzione dove si parla della riforma
della sacra liturgia (21-36). Sappiamo che la Costituzione adopera in genere la
parola “instauratio” che si può
tradurre in diversi modi, ma che può esprimere un concetto addirittura più
impegnativo di quanto esprima il termine “riforma”. In ogni modo, non è
questione di nomi: “De nominibus non est
disputandum”. Quello che conta sono i principi e le norme stabiliti dal
Concilio per una “instauratio generalis”
della liturgia (n. 21). Coerentemente col n. 21, il n. 50 indica i criteri per
la riforma dell’ordinario della messa: nel rito della messa deve apparire più
chiaramente la natura specifica delle singole parti (un esempio potrebbe essere:
distinguere meglio ciò che è l’offertorio da ciò che è la preghiera
eucaristica); si devono sopprimere quegli elementi che col passare dei secoli
furono duplicati o aggiunti inutilmente; devono invece ristabilirsi secondo la
norma dei santi Padri quegli elementi che col trascorrere del tempo sono caduti
in disuso… Letti onestamente senza tradirne il senso, questi testi chiedono
qualcosa di più di un semplice restauro.
Con
il rispetto dovuto a Sua Eminenza, credo che la sua presa di posizione in
questo messaggio e in altri suoi interventi, data la carica che egli detiene,
non è opportuna. In spagnolo si dice: “Si
el alcalde corta pinos, ¿qué
no harán los demás vecinos? (“se il sindaco taglia i pini, cosa non
faranno gli altri cittadini?”). Con parresia!
M.A.