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lunedì 3 aprile 2017

“RIFORMA” O “RESTAURO” DELLA LITURGIA?




Il card. Sarah, Prefetto della Congregazione per il culto divino, ha inviato un messaggio ai partecipanti ad un incontro tenuto a Herzogenrath, in Germania, dal 28 marzo al 1 aprile, in occasione del decimo anniversario della promulgazione del Motu proprio Summorum Pontificum (7 luglio 2007) Il teso in inglese si trova in http://www.catholicworldreport.com
Il cardinale esordisce affermando, tra l’altro, di sentirsi felice di celebrare quest’anno con grande gioia e rendimento di grazie la promulgazione di questo documento.  

Molte delle cose che il cardinale afferma in questo lungo messaggio sono condivisibili (la sacralità della celebrazione, il ruolo del silenzio in essa, il rispetto del rito proposto dalla Chiesa e la conseguente condanna degli abusi, ecc.). Meraviglia però che il Prefetto della Congregazione per il culto divino critichi apertamente la riforma liturgica promulgata da Paolo VI. Secondo Sarah, questa “riforma” ha sostituito il vero “restauro” voluto dal Vaticano II. A conferma di questa severa affermazione, il cardinale invita a riprendere la Costituzione Sacrosanctum Concilium e leggerla onestamente senza tradirne il senso.

Propongo al signor cardinale di leggere attentamente, magari insieme ad un gruppo di esperti, in particolare i numeri della Costituzione dove si parla della riforma della sacra liturgia (21-36). Sappiamo che la Costituzione adopera in genere la parola “instauratio” che si può tradurre in diversi modi, ma che può esprimere un concetto addirittura più impegnativo di quanto esprima il termine “riforma”. In ogni modo, non è questione di nomi: “De nominibus non est disputandum”. Quello che conta sono i principi e le norme stabiliti dal Concilio per una “instauratio generalis” della liturgia (n. 21). Coerentemente col n. 21, il n. 50 indica i criteri per la riforma dell’ordinario della messa: nel rito della messa deve apparire più chiaramente la natura specifica delle singole parti (un esempio potrebbe essere: distinguere meglio ciò che è l’offertorio da ciò che è la preghiera eucaristica); si devono sopprimere quegli elementi che col passare dei secoli furono duplicati o aggiunti inutilmente; devono invece ristabilirsi secondo la norma dei santi Padri quegli elementi che col trascorrere del tempo sono caduti in disuso… Letti onestamente senza tradirne il senso, questi testi chiedono qualcosa di più di un semplice restauro.    

Con il rispetto dovuto a Sua Eminenza, credo che la sua presa di posizione in questo messaggio e in altri suoi interventi, data la carica che egli detiene, non è opportuna. In spagnolo si dice: “Si el alcalde corta pinos, ¿qué no harán los demás vecinos? (“se il sindaco taglia i pini, cosa non faranno gli altri cittadini?”). Con parresia!

M.A.