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domenica 16 aprile 2017

“CRISTO NOSTRA PASQUA”



 

Ci chiediamo quali sono le condizioni per pronunciare sensatamente l’affermazione “Cristo nostra Pasqua” (1Cor 5,7)? La teologia cristiana è chiamata a rispondere anzitutto a questa domanda, ma per farlo deve assumere fino in fondo le implicazione che il discorso stesso impone. In particolare essa suppone le seguenti esigenze:

a) che la Pasqua cristiana si ‘concentri’ nella passione, morte e risurrezione di Cristo come fatto tutt’altro che ‘ovvio’, ma che anzi occorre continuamente ricomprendere nel suo statuto sorprendente e meraviglioso, al limite dell’incredibile;

b) che questa affermazione abbia al proprio interno una specifica dimensione rituale, senza la quale si riduce facilmente ad uno slogan ideologico e illusorio; ‘fare Pasqua’ è anche essenzialmente un ‘celebrare’;

c) che a partire da questa affermazione, con tutto il suo carico di memoria storica, possa e debba derivare una radicale trasformazione del rapporto con il presente, con la mia vita ‘qui ed ora’;

d) che non soltanto il singolo credente, ma la stessa comunità ecclesiale riconosca di scaturire da quell’evento, si riscopra generata e contrassegnata da quel gesto (storico e rituale) con cui Gesù ‘si dà’ ai suoi nella cena e sulla croce.

 

(Andrea Grillo, Iniziati alla Pasqua. Meditazioni per la Quaresima, Queriniana 2017, 69-70)