Translate

domenica 22 marzo 2020

LA VENERAZIONE DELLE ICONE




Dietro la venerazione delle icone c’è la fede ortodossa, quella della Chiesa di Costantinopoli, la “Grande Chiesa di Cristo”. È la fede del Settimo Concilio ecumenico, che si svolse a Nicea nel 787, nel quadro di una Chiesa indivisa, non ancora lacerata dallo scisma tra Occidente e Oriente. Il Settimo Concilio segna la vittoria sugli iconoclasti. Si condannava l’iconoclasmo come eresia, anzi come somma delle eresie. Il culto dell’icona si colloca nella logica dell’incarnazione. L’incarnazione stessa postula l’icona. L’iconoclasmo rimanda invece ad un Dio disincarnato. Alla “sola Parola” dell’Antico Testamento succede una nuova “economia”, quella di Cristo e dei Vangeli. È l’economia dell’incarnazione, in cui è compresa la visione. L’icona per eccellenza è Cristo stesso, a cui rimandano tutte le icone dipinte.

Questo insegnano Giovanni Damasceno, Teodoro lo Studita e il patriarca Niceforo, tra la seconda metà del VII e il IX secolo. Una festa liturgica, quella della Domenica dell’Ortodossia, ricorda al popolo credente come il ristabilimento delle immagini sia stato un fatto importante nella storia della Chiesa. Si tratta della prima Domenica di Quaresima, in cui ai Vespri si canta:
“Quanti dall’impietà siamo passati alla pietà e siamo stati illuminati dalla luce della conoscenza battiamo le mani […] offrendo a Dio una lode grata; e veneriamo con onore le sacre icone del Cristo, della Tutta Pura e di tutti i santi, poste alle pareti, su tavole e su sacri arredi, respingendo la religione empia dei non ortodossi. L’onore dato alle icone, infatti, è rivolto al prototipo, come dice Basilio…”

Fonte: Andrea Riccardi, La Preghiera, la Parola, il Volto, San Paolo, Cinisello Balsamo 2019, pp. 152-153.