Es 17,3-7; Sal 94 (95); Rm
5,1-2.5-8; Gv 4,5-42
Il Sal 94 evoca l’evento
centrale della storia biblica dell’Antico Testamento: la nascita di Israele nel
deserto dopo la liberazione dall’Egitto offerta da Dio. In quelle circostanze
il popolo di Israele si mostrò ripetutamente ribelle al Signore e per questa
sua insubordinazione è stato punito. Nel nostro pellegrinaggio dall’Egitto di
questo mondo alla terra promessa della gloria, si rinnova per noi in modo
misterioso l’esperienza dei quarant’anni del deserto. Siamo perciò esortati
anche noi ad ascoltare la voce di Dio e a non indurire i nostri cuori come fece
Israele nel deserto. Questa voce di Dio è portatrice della sua parola che in
questo periodo dell’anno liturgico ci viene rivolta come invito ad un’autentica
conversione. La parola di Dio che risuonava nel deserto per mezzo di Mosè,
risuona ora e definitivamente nella storia per mezzo di Cristo; anzi è lui la
Parola fatta carne.
La liturgia di questa domenica
e delle due successive ci invita a rivivere le grandi tappe attraverso le quali
i catecumeni erano (e sono) condotti alla riscoperta delle esigenze profonde
della conversione a Cristo per mezzo dei simboli dell’acqua, della luce e della
vita. In questa domenica ci viene proposta l’immagine di Gesù come acqua viva
capace di dissetare ogni desiderio umano e di donare la vita piena ed eterna a
coloro che chiedono di attingere alla sua fonte.
La sete di Israele nel
deserto, di cui parla la prima lettura, e la sete di Gesù a Sicar, di cui parla
il brano evangelico, ci illustrano il tormento dell’umanità che cerca la
verità, che cerca Dio. Nel dialogo con la Samaritana Gesù promette un’acqua che
disseta per sempre. Attraverso l’immagine dell’acqua viva, cioè di sorgente,
Gesù intende sottolineare la sua capacità di comunicare all’uomo, a tutti noi,
reali valori di vita, che siano in grado di salvarci. Infatti, la sete, come la
fame e forse di più, oltre ad essere uno specifico bisogno corporale dell’uomo
rappresenta un “simbolo” totalizzante dei diversi e numerosi desideri e
aspirazioni dell’uomo. In ciascuno di noi ci sono molteplici desideri, bisogni,
aspirazioni. Si potrebbe dire che la nostra vita è fatta più da desideri che da
realtà possedute. Ci portiamo dentro un vuoto che non riusciamo a riempire.
Naturalmente, non è sbagliato avere dei desideri; sbagliato è restringere i
desideri del nostro cuore a oggetti troppo limitati, meschini. Dio ci offre un
dono, l’unico in grado di appagare la nostra sete di felicità.
Gesù ci toglie la nostra sete
rinnovando i rapporti interpersonali, insegnandoci la verità del nostro
rapporto con Dio e donandoci lo Spirito che rende autentici l’uno e gli altri.
La vita e la salvezza che Gesù dona crescono in noi nella misura in cui
accogliamo la sua parola. D’altra parte, l’Apostolo Paolo ci ricorda, nella
seconda lettura, il carattere assolutamente gratuito del dono della salvezza,
da noi immeritata, ma ora a nostra piena disposizione se accolta con fede. Nel
dialogo con la Samaritana, Gesù cerca di condurre la sua interlocutrice a
questa stessa consapevolezza quando le dice: “Se tu conoscessi il dono di Dio e
chi è colui che ti dice: dammi da bere!” Conoscere il dono di Dio significa che
al di là dei nostri bisogni immediati e dei nostri desideri c’è qualcosa di più
grande che possiamo solo ricevere come un dono dalla mano di Dio.
La sete di salvezza si
soddisfa nell’eucaristia. San Giovanni Crisostomo afferma: “Mosè percosse la
roccia e ne ricavò torrenti d’acqua, (Cristo) tocca la mensa eucaristica, batte
la tavola spirituale e fa scaturire le fonti dello Spirito” (Catechesi II).