Thomas O’Loughlin, Riti corretti. Perché celebrare bene conviene (Guide
per la prassi ecclesiale 31), Queriniana, Brescia 2020. 151 pp. (€ 14,00).
Questo volume intende essere una guida all’ars celebrandi. L’Autore
getta uno sguardo disincantato sulla liturgia e mette allo scoperto le
incoerenze tra parole pronunciate e azioni effettuate, fra concetti espressi e
ciò che viene percepito con tutti i cinque sensi. Lo stile della trattazione mi
ricorda il libro di Manuel Belli (Tra dire e fare), di cui mi sono
occupato in questo blog il 18 novembre del 2018.
Il Prof. O’Loughlin non si limita a denunciare le incoerenze di cui sopra,
ma offre un decalogo per una celebrazione efficace: la liturgia deve essere vera,
aperta, gioiosa, inclusiva, radicata nella comunità e atta a favorire la
partecipazione, basata sulla creazione, fedele al modello dell’incarnazione;
deve altresì prestare attenzione agli emarginati ed evitare qualsiasi
confusione.
La lunga Postfazione all’edizione italiana (pp. 131-144) del
liturgista-pastoralista Alberto Dal Maso, è un ottimo e appassionato commento
all’opera. Dal Maso rincara la dose propinata da O’Loughlin; ne raccomando la
lettura. Credo che il problema, oggi molto sentito, è come coniugare il
rispetto al rito proposto dalla Chiesa e una sua celebrazione che coinvolga i
fedeli e li aiuti a percepire la vicinanza di Dio che salva. A p. 31. l’Autore
conclude il suo discorso sul ruolo delle rubriche con la seguente affermazione:
“una liturgia può ottenere il massimo dei voti per il rispetto delle rubriche
(ma lasciando il popolo di Dio indifferente), mentre ci sono liturgie che
raggiungono davvero il bersaglio, pur essendo zeppe di errori rubricali”. Certamente,
questo può accadere. Le rubriche devono guidare lo svolgimento della
celebrazione, ma non sono una camicia di forza e non tutte hanno lo stesso
valore. Interpretare il rito proposto dal libro liturgico è un’arte non facile.