Is
62,1-5; Sal 95; 1Cor 12,4-11; Gv 2,1-11
In questa domenica ci viene proposta la scena
semplice e toccante del miracolo delle nozze di Cana. Gesù si trova con sua
madre Maria ed i suoi discepoli ad una festa di nozze nella cittadina di Cana
di Galilea. Venendo a mancare il vino, Gesù cambia sei giare d’acqua in vino.
Ciò che sembra interessare particolarmente a san Giovanni, che racconta il
fatto, è che con questo primo miracolo Gesù ha manifestato la sua gloria ed i
discepoli hanno creduto in lui. Questo prodigio, come i restanti miracoli
compiuti da Gesù, sono chiamati da san Giovanni “segni”, in quanto mostrano che
Gesù è il Figlio di Dio, il Messia, il Salvatore atteso.
La presenza di Maria non è una presenza di
contorno, ma determinante e attiva. E’ Lei infatti a provocare l’intervento di
Gesù. Alle parole di Maria “Non hanno più vino”, Gesù risponde: “Donna, che
vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora”. Ma quale ora? Con Gesù giunge l’
“ora” attesa annunciata dai profeti: in lui Dio manifesta la sua gloria afferma
san Giovanni, facendo eco alle parole del profeta Isaia che abbiamo ascoltato
nella prima lettura: “Allora le genti vedranno la tua giustizia, tutti i re la
tua gloria”. Secondo il vangelo di Giovanni, la gloria nascosta di Dio è apparsa
nel Cristo fra gli uomini (cf. Gv 1,14; 11,4.40) ed è riconoscibile attraverso
la fede (cf. Gv 2,11). Il dono della fede fa sì che i discepoli intravedano nel
miracolo o “segno” operato da Gesù a Cana la presenza di Dio che salva. Il
gesto compiuto da Gesù alle nozze di Cana è quindi una “epifania” messianica,
cioè una manifestazione di ciò che egli è e della sua missione salvifica.
Nell’Antico Testamento la felicità promessa da
Dio ai suoi fedeli è espressa sovente sotto la forma di una grande abbondanza
di vino, come si vede negli oracoli di consolazione dei profeti d’Israele.
Gesù, col miracolo dell’acqua cambiata in vino mostra che è cominciata l’era
messianica in cui Dio comunica in abbondanza i suoi beni. Il momento culminante
di quest’era sarà costituito dalla morte e risurrezione di Cristo, cioè dal
mistero della sua pasqua. A questa fase culminante della sua opera si riferisce
Gesù quando dice a Maria sua madre: “Non è ancora giunta la mia ora” (cf. Gv
7,30; 8,20; 12,23.27; 13,1; 17,1). In ogni caso, il vino nuovo che egli
fornisce miracolosamente a Cana è già segno del dono completo della redenzione
offerto sulla croce e perennemente presente nel sacrificio dell’altare: il vino
distribuito in abbondanza è segno del sangue che sgorga dal costato di Gesù in
croce, sangue della nuova ed eterna alleanza, versato per noi e per tutti in
remissione dei peccati.
La salvezza attesa dai profeti e compiuta da
Cristo è sempre presente in mezzo a noi nei segni del pane e del vino
dell’Eucaristia che celebriamo in obbedienza alle parole del Salvatore: “Fate
questo in memoria di me”. Ci possiamo domandare se per noi la partecipazione
alla santa Messa è veramente un incontro di fede con il nostro Salvatore, un
momento in cui riscopriamo il senso della nostra vita cristiana come vita di
comunione con Dio e con i fratelli e sorelle, un momento di gioia e di grazia.