Sap
11,22-12,2; Sal 144; 2Ts 1,11-2,2; Lc 19,1-10
Grandezza, maestà, gloria e
splendore rifulgono nelle opere di Dio; ma è sempre l’uomo la manifestazione
più alta dell’opera di Dio. Come ha detto san Ireneo: “la gloria di Dio è
l’uomo vivente”.
L’assioma “la gloria di Dio è
l’uomo vivente” è atto ad esprimere la “giusta” relazione tra Dio e l’uomo.
Come ciò si realizza lo illustrano le letture bibliche di questa domenica. La
prima lettura ci ricorda che siamo piccola cosa davanti a Dio, ma siamo pur
sempre oggetto del suo amore, per questo siamo preziosi: Dio ama tutte le cose
esistenti e nulla disprezza di quanto ha creato. Inoltre, c’è in noi una particella,
un riflesso dello “spirito incorruttibile” di Dio, siamo quindi gloria di Dio e
sua manifestazione. Il racconto evangelico parla di Zaccheo, piccolo di statura
e pubblicano, anzi capo dei pubblicani, e quindi un dannato agli occhi dei
zelanti farisei. Per Gesù Zaccheo è invece anzitutto un figlio di Abramo da
ricuperare, perché è chiamato anche lui all’eredità promessa da Dio (cfr. Ef
3,6). Dio cerca l’uomo, in particolare il peccatore, nella sua stessa casa per
offrirgli la sua amicizia. La seconda lettura afferma che Dio si avvicina
all’uomo, ma vuole che anche l’uomo faccia la sua parte, come d’altronde ha
fatto pure Zaccheo riparando le ingiustizie commesse, anzi andando molto più in
là di quanto la legge prescriveva o anche solo consigliava: l’autore della
seconda lettera ai Tessalonicesi dopo aver affermato che Dio con la sua potenza
è all’opera nella nostra vita, ci invita ad assumerla dando ad essa un
significato in funzione dell’attesa del regno di Dio. Così anche l’orazione
colletta chiede al Signore che “corriamo senza ostacoli” verso i beni da lui
promessi.
La parola di Dio che viene
proclamata oggi ci invita a contemplare ed onorare la dignità della persona
umana, la nostra dignità di creature di Dio. Tutto ciò che offende la dignità
dell’uomo, offende anche Dio, creatore e redentore dell’uomo. La dignità
dell’uomo esige che egli agisca secondo scelte consapevoli e coerenti con la
sua vocazione. Siamo gloria di Dio, se ci apriamo alla sua onnipotente
misericordia. Infatti, solo Dio può darci il dono di servirlo “in modo lodevole
e degno” (colletta). Secondo san Giovanni la gloria nascosta di Dio è apparsa
nel Cristo fra gli uomini (cf. Gv 1,14; 11,4.40). Perciò Dio è veramente
glorificato in noi nella misura in cui portiamo a compimento nel vissuto
quotidiano la chiamata ad essere lode vivente del Padre, a immagine di Cristo,
capolavoro di tutto il creato. Ogni uomo, ognuno si noi, è chiamato a
realizzare questa sublime vocazione. Ad imitazione del Signore, dobbiamo
onorare questa eccelsa dignità in noi e negli altri.
La partecipazione eucaristia è
prova suprema della dignità dell’uomo, perché amato in modo sublime da Cristo
che “ha donato ai figli della camera nuziale il godimento del suo corpo e del
suo sangue” (San Cirillo di Gerusalemme, PG 32,1100). Con altre parole,
l’orazione sulle offerte afferma la stessa dottrina quando dice che il
sacrificio eucaristico ci ottiene la “il dono santo” della misericordia divina.