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domenica 4 dicembre 2022

LE ORIGINI DELL’ALTARE CRISTIANO

 



Nella lingua latina del mondo antico esistono tre termini per indicare questo luogo centrale del tempio o nell'area sacra della divinità: ara, altare, mensa. Il primo termine è il più frequente, il secondo è usato raramente, mentre l'ultimo indica il tavolo su cui si deponevano le offerte sacrificali oppure, nel linguaggio quotidiano, si consumava il pasto familiare.

Il vocabolo altare, utilizzato poi nel culto cristiano, è composto da un aggettivo, o participio, e da un nome: altaara. La prima parte del termine potrebbe derivare sia dall'aggettivo latino altus/ta/um, ovvero “alto”, sia del participio del verbo álere, cioè “nutrire”: perciò può indicare una struttura alta o che sta in alto oppure che è destinata alla funzione della nutrizione. La seconda parte troverebbe la sua etimologia nel verbo arére: ardere, bruciare, quindi come “luogo del fuoco”. La natura fondamentale di ogni altare o ara nel mondo precristiano, quindi, era quella di essere una struttura elevata, normalmente di pietra, sulla quale deporre e bruciare le offerte destinate o sacrificate alla divinità, perché fossero da essa accolte e consumate. La funzione pratica dell'altare non era quella dell'immolazione cruenta delle vittime sacrificali, la cui uccisione veniva compiuta in altro luogo, ma quella di accogliere le offerte e permettere la loro combustione, quale manducazione divina.

Talvolta il rito sacrificale comportava la consumazione dell'offerta anche da parte dell'essere umano, cioè l'offerente stesso era chiamato a parteciparvi.

L'altare cristiano, tuttavia, non si inserisce in questo contesto cultuale, anzi ne prende le distanze. La sua specifica origine la troviamo non nelle are o negli altari sacrificali delle antiche religioni, compresa anche quella ebraica, ma nella tavola dell'ultima Cena.

 

Fonte: Diego Giovanni Ravelli, La Domus Ecclesiae. I luoghi della celebrazione, San Paolo, Cinisello Balsamo 2022, 81-82.