Is 35,1-6a.8a.10; Sal 145; Gc 5,7-10; Mt 11,2-11
Il brano evangelico odierno esordisce con queste parole: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”. È la domanda che i discepoli di Giovanni Battista rivolgono a Gesù. È una domanda che ha una sua attualità. L’interrogativo ci deve tenere costantemente aperti a una nuova visuale delle cose che ci permetta di riconoscere l’azione sempre nuova di Dio nella storia. Chi è per noi Gesù? Abbiamo riconosciuto in lui il nostro Salvatore? Gesù alla domanda rivoltagli da Giovanni per bocca dei suoi dei discepoli, invece di rispondergli con un sì o con un no, lo rimanda a quelle opere di cui Giovanni aveva sentito parlare, opere che documentano attraverso una libera citazione del profeta Isaia (brano riproposto come prima lettura) che egli è veramente il Messia inviato da Dio. Per Giovanni, tormentato dal dubbio, la parola di Gesù è un invito a fidarsi di lui, a credere. L’uomo che è in attesa di salvezza ha nelle parole e nelle opere di Gesù una risposta definitiva. In lui la salvezza di Dio ha fatto irruzione nella nostra vita.
Da
parte sua, san Giacomo, nella seconda lettura, ci invita a perseverare in un
atteggiamento di pazienza. È vero - lo abbiamo detto - la salvezza di Dio si è
manifestata nel suo Figlio fatto uomo, egli è il Salvatore promesso. I frutti
pieni della sua venuta però li dobbiamo raccogliere giorno dopo giorno
nell’operosità paziente e incessante. Per san Giacomo, il mistero della nostra
salvezza è simile al ciclo della natura nel suo rinnovarsi incessante, che alla
fine non delude l’attesa paziente e testarda del contadino. Abbiamo bisogno di
tempo affinché il regno di Dio cresca e maturi nella storia, in ciascun di noi.
La pazienza esige disponibilità e cooperazione alla crescita. Il domani di
salvezza definitiva che attendiamo è anche nelle nostre mani.
La
salvezza di Dio è vicina a noi, anzi è in mezzo a noi, e ciò dev’essere motivo
di gioia. Non è la gioia di chi non trova ostacoli da affrontare; è la gioia di
chi accetta il piano di Dio su di lui e si sente al suo posto, sa che la sua
vita è al sicuro e può compiere le sue scelte con piena libertà interiore. Nei
momenti di smarrimento o di sofferenza, nei momenti di stanchezza, quando le
certezze sembrano svanire, la fede ci assicura che Dio viene a salvarci, che la
nostra attesa non è vana. Se abbiamo riconosciuto Gesù come nostro Salvatore,
il nostro cuore non ha nulla da temere.
Gesù
è vicino a noi come Salvatore soprattutto nell’eucaristia. L’antifona di
comunione lo afferma riproponendo le parole di Is 35,4, tratte dalla prima
lettura d’oggi: “Coraggio, non temete! Ecco il nostro Dio. Egli viene a salvarvi”.
E l’orazione sulle offerte precisa che il sacrificio eucaristico rende
“efficace in noi l’opera della salvezza”.