Is
7,10-14; Sal 23; Rm 1,1-7; Mt 1,18-24
I
testi di questa domenica mettono in luce le figure di Maria e di Giuseppe, e
anche quella di san Paolo, modelli tutti e tre di accoglienza della Parola di
Dio e di obbedienza ad essa. La prima lettura riporta il messaggio del profeta
Isaia al re Acaz, chiedendogli di non elemosinare aiuto dall’Assiria, ma di
fidarsi solo dell’aiuto di Dio. Acaz, però, non se la sente di fidarsi solo di
Dio, vorrebbe rifiutare ogni segno divino; le sue parole apparentemente
rispettose del volere divino (“Non voglio tentare il Signore”) sono frutto
piuttosto della protervia di chi non vuole essere costretto a fidarsi
dell’invisibile, di chi vuole a tutti i costi misurare e controllare le sue
sicurezze. Nel racconto del brano evangelico di Matteo la figura centrale è
Giuseppe. Al contrario del re Acaz, di cui parla il brano di Isaia, Giuseppe
accetta il “segno” del bambino nato da una vergine e, fiducioso nella parola di
Dio trasmessagli per mezzo dell’angelo, impegna tutta la sua vita per questo
bambino e sua madre. Il testo evangelico conclude con queste parole: “fece come
gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa”. Giuseppe,
quindi, accoglie il messaggio e ubbidisce.
Accanto
alla figura di Giuseppe sta quella di Maria, la Madre di Gesù. Diversamente di
quanto ha fatto san Luca, nei racconti della nascita e infanzia di Gesù, san
Matteo non ci ha trasmesso alcuna parola di Maria. L’evangelista Matteo presenta
una Maria silenziosa, ma docile strumento del disegno di Dio: ciò che avviene
in lei è adempimento di “ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del
profeta”.
San
Paolo nell’introduzione alla lettera ai Romani, proposta come seconda lettura,
parla della sua vocazione. Dio lo ha chiamato a divenire apostolo, un
inspiegabile e incomprensibile atto di grazia. In quanto tale, il ministero di
apostolo è legato all’obbedienza di fede. Paolo si definisce apostolo e servo
di Cristo Gesù. Vi è un intrinseco rapporto tra fede e obbedienza: ls fede
consiste nell’obbedire e l’obbedienza consiste nel credere.
Siamo
chiamati a realizzare la nostra vita entrando liberamente e gioiosamente
nell’orbita del disegno di Dio. Bisogna fidarsi di Dio. La nascita di Gesù che
ci apprestiamo a celebrare è un segno della fedeltà di Dio. Disponiamoci ad
accogliere, nell’obbedienza della fede, ad esempio di Giuseppe e Maria, il Signore
che viene a salvarci.
L’orazione
sulle offerte fa un suggestivo accostamento tra il mistero dell’incarnazione e
il mistero eucaristico. Lo Spirito Santo che “ha santificato con la sua potenza
il grembo della Vergine Maria” è lo stesso che consacra i doni del pane e del
vino per la celebrazione del sacrificio eucaristico. Lo Spirito è poi colui che
ci prepara ad accogliere il Signore che viene.