Is 55,10-11; Sal 64; Rm
8,18-23; Mt 13,1-23
Il discorso centrale delle letture bibliche odierne
verte sulla parola di Dio. Il breve brano della prima lettura, tratta dal profeta
Isaia, esalta la potenza della parola del Signore. Essa opera ciò che il
Signore desidera e compie ciò per cui egli l’ha mandata. Le parole umane sono
spesso vane e inconsistenti, non impegnano sempre chi le pronuncia, non
resistono alla prova del tempo. La parola di Dio, invece, non risuona mai
inutilmente sulla terra, non cade a vuoto, ma realizza qualcosa in chi si
dispone a riceverla. Venendo da Dio, porta la vitalità infinita di Dio ed è
capace di fecondare il mondo. Il profeta compara l’azione della Parola con
quella della pioggia e della neve che irrigano, fecondano e fanno germogliare
la terra. Non si tratta però di una parola magica. La parola di Dio non
funziona in modo automatico. Lo insegna Gesù nella parabola del seminatore che
uscì a seminare, parabola con la quale iniziamo la lettura del discorso sulle
parabole del Regno che ci accompagnerà anche per le due domeniche seguenti.
Gesù afferma che le sorti della Parola sono anche legate alla responsabilità e
collaborazione dell’uomo: occorrono certe condizioni di disponibilità, di
attenzione; occorre un terreno adatto, un cuore capace di ascolto perché la
parola di Dio dia frutto. Se il nostro cuore è come un terreno arido, la nostra
vita sarà sterile e incapace di essere rinnovata col messaggio della parola di
Dio.
La seconda lettura ci ricorda che la parola di Dio
seminata abbondantemente nel decorso della storia, ne subisce tutti i condizionamenti.
Il brano paolino può aiutarci a comprendere l’attuale travaglio della crescita
del regno di Dio, e quindi anche della Parola che di questo regno è annuncio.
San Paolo ci invita alla speranza: la potenza della parola di Dio apparirà in
tutto il suo fulgore quando in ogni discepolo si rivelerà la “gloria futura”,
quando anche il corpo mortale dell’uomo sarà trasfigurato e reso conforme al
corpo glorioso del Signore. L’eventuale incredulità degli ascoltatoti non farà
fallire il progetto di Dio. La salvezza in Cristo è una realtà presente (cf.
1Cor 15,1-2), ma la sua realizzazione piena attraverso la risurrezione dei
corpi deve ancora venire (cf. 1Cor 15,13-34). Con il suo corpo l’uomo è in
rapporto con tutto il creato. Entrambi, l’uomo e il cosmo, gemono nell’attesa
di una manifestazione piena della salvezza. Avendo partecipato al travagliato
destino dell’uomo, anche la creazione parteciperà alla liberazione dalla sua
condizione mortale.
La parola di Dio, se accolta e custodita nel
cuore, è luce che ci guida a capire e interpretare il significato della nostra
vita nella scena di questo mondo. Questa parola, che ascoltiamo così sovente nel
decorso delle nostre celebrazioni liturgiche, in particolare ogni domenica
nella prima parte della celebrazione della messa, è come una semente che Dio
stesso sparge nel cuore d’ognuno di noi e che porta frutto a seconda
dell’ascolto e dell’accoglienza che ad essa noi offriamo. Como dice il canto al
vangelo, nella celebrazione eucaristica è Cristo stesso che semina il buon seme
della sua Parola.