In questi ultimi anni sono apparsi una serie di libri e di
studi in diverse riviste sullo sviluppo sinodale della Chiesa promosso da papa
Francesco. Mi è capitato tra le mani uno di questi libri a cura di Hervé
Legrand e Michel Camdessus: Una Chiesa trasformata dal Popolo. Alcune
proposte alla luce di “Fratelli tutti” (Presentazione di Andrea Grillo),
Paoline, Milano 2021. Si tratta di una serie di contributi di diverse
personalità che appartengono al mondo della politica e della impresa,
dell’amministrazione della giustizia e della psicologia, dell’assistenza
sociale e della ornitologia, del diritto internazionale e della terapia
familiare. Tra di essi vi è un solo teologo H. Legrand, prete domenicano
francese, che ha avuto un ruolo di coordinamento e di consulenza, oltre che di
stesura della seconda parte del volume.
Riproduco in seguito quanto H. Legrand scrive su “Presidenza
della Chiesa locale e presidenza della sua eucaristia”:
Una frase della commissione teologica centrale del Vaticano
II chiarisce bene la questione. “Nella Chiesa primitiva i sacerdoti
presiedevano l'eucaristia perché presiedevano la Chiesa”. In questo modo si
deve comprendere che i ministri vengono ordinati anzitutto per essere a capo di
una comunità cristiana: hanno l'incarico di presiederla, (cosa che implica la
cura dei legami con le altre comunità) e di vegliare in primo luogo sulla
corretta trasmissione del Vangelo; ricevono anche per questa stessa ragione il
compito di presiedere la preghiera della Chiesa. La loro qualità sacerdotale
non è la condizione della loro presidenza, è piuttosto la loro presidenza sulla
vita della Chiesa a implicare il loro ruolo liturgico, senza che questo ruolo
rituale, malgrado il vocabolario sacerdotale che lo definisce, richieda un
sacerdozio diverso per essenza da quello degli altri cristiani che celebrano in
comunità.
La lettura attenta dei principali testi anteriori al IV
secolo, che si occupano della celebrazione eucaristica, conduce a questa
conclusione. Li abbiamo studiato altrove.
La Apologia di Giustino martire (verso il 150) parla
di presidenti dell'eucaristia, senza connotazioni sacerdotali. Tertulliano (verso
il 230) in un'opera del suo periodo cattolico, afferma che, sebbene solo in
caso di necessità, i laici possono celebrare, contestando perciò che sia
richiesto un sacerdozio specifico: “Là dove non vi è un corpo di ministri
ordinati, tu, come laico, celebri l'eucaristia e battezzi e sei prete per te
stesso, poiché là dove ci sono due o tre fedeli, vi è una Chiesa, anche se sono
tre laici (…) Tu hai la capacità di assumere poteri sacerdotali in caso di
necessità”. Questa affermazione, benché insolita, rivela l'equilibrio degli
antichi (pp. 135-136. Non ho riportato le note).