Gb 19,1.23-27a: Io
so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! e i miei
occhi lo contempleranno
Sal 26: Sono certo
di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi
Rm 5,5-11: La
speranza non delude
Gv 6,37-40: Tutto
ciò che il Padre mi dà, verrà a me
Il salmo responsoriale è una preghiera in cui si intrecciano sentimenti di
fiducia in Dio e di lamento nel momento della prova. La supplica salmica
termina con una esaltazione della fede, vista come aiuto nei momenti difficili,
e con un incoraggiamento a sperare nel Signore che l’orante rivolge a se
stesso: “si rinfranchi il tuo cuore e spera nel Signore”. L’intero formulario
della Messa è improntato alla “beata speranza che insieme ai nostri fratelli
defunti risorgeremo in Cristo a vita nuova” (colletta). La speranza cristiana è
essenzialmente speranza di fronte alla morte.
Nella prima lettura, Giobbe, a metà del suo tempestoso contendere con Dio,
intravede un barlume di speranza. Egli, intuendo che il Dio vivente è della sua
parte, fa un atto di fede nella risurrezione: “Io so che il mio redentore è
vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! […] e i miei occhi lo
contempleranno”. Chi sia il “redentore” di cui parla Giobbe, lo illustrano le
altre due letture. Nel secondo brano biblico, san Paolo afferma che “la
speranza non delude” Infatti se “quando eravamo ancora peccatori, Cristo è
morto per noi”, può perderci ora che siamo stati da lui “riconciliati” con
Dio?. Il brano evangelico conferma che chi crede nel Figlio di Dio ha la vita
eterna, ed egli lo risusciterà nell’ultimo giorno. Su questa linea, i cinque
prefazi dei defunti esaltano la speranza nella vita futura fondata sulla
risurrezione di Cristo: “In Cristo tuo Figlio, nostro salvatore rifulge a noi
la speranza della beata risurrezione” (I); “Egli prendendo su di sé la nostra
morte ci ha liberati dalla morte e sacrificando la sua vita ci ha aperto il
passaggio alla vita immortale” (II); “Egli è la salvezza del mondo, la vita
senza fine e la risurrezione dei morti” (III); “per la morte redentrice del tuo
Figlio, la tua potenza ci risveglia alla gloria della risurrezione” (IV);
“Cristo con la sua vittoria ci redime dalla morte e ci richiama con sé a nuova
vita” (V). La morte acquista tutto il suo significato solo se riportata alla
dimensione e illuminazione cristologica.
Siamo abituati a ricordare in questo
mese autunnale di novembre i nostri cari defunti. Nonostante la morte e al di
là di essa, noi speriamo che la vicenda storica dell’uomo su questa terra avrà
una conclusione positiva. Ci attende non il vuoto, non il nulla, ma l’incontro
definitivo con il nostro Redentore. Per il cristiano la morte è una nuova
nascita: “come tutti muoiono in Adamo, così tutti in Cristo riavranno la vita”
(antifona d’inizio; cf. 1 Cor 15,22). Con la morte cadono tutti i limiti della
nostra condizione terrena per essere liberi pienamente e definitivamente nella
totalità della nostra esperienza, portando con noi la nostra storia che in
qualche modo ritroveremo in Dio. Con la preghiera del salmo responsoriale,
abbiamo esclamato: “Contemplerò la bontà del Signore nella terra dei viventi ”;
“dimora di luce e di pace”, dice l’orazione dopo la comunione”. Sono immagini
con cui la Bibbia esprime la beatitudine eterna a cui siamo tutti chiamati.