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martedì 1 novembre 2016

COMMEMORAZIONE DI TUTTI I FEDELI DEFUNTI – 2 Novembre 2016


 
  

Gb 19,1.23-27a: Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! e i miei occhi lo contempleranno

Sal 26: Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi

Rm 5,5-11: La speranza non delude

Gv 6,37-40: Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me

 

Il salmo responsoriale è una preghiera in cui si intrecciano sentimenti di fiducia in Dio e di lamento nel momento della prova. La supplica salmica termina con una esaltazione della fede, vista come aiuto nei momenti difficili, e con un incoraggiamento a sperare nel Signore che l’orante rivolge a se stesso: “si rinfranchi il tuo cuore e spera nel Signore”. L’intero formulario della Messa è improntato alla “beata speranza che insieme ai nostri fratelli defunti risorgeremo in Cristo a vita nuova” (colletta). La speranza cristiana è essenzialmente speranza di fronte alla morte.

 

Nella prima lettura, Giobbe, a metà del suo tempestoso contendere con Dio, intravede un barlume di speranza. Egli, intuendo che il Dio vivente è della sua parte, fa un atto di fede nella risurrezione: “Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! […] e i miei occhi lo contempleranno”. Chi sia il “redentore” di cui parla Giobbe, lo illustrano le altre due letture. Nel secondo brano biblico, san Paolo afferma che “la speranza non delude” Infatti se “quando eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi”, può perderci ora che siamo stati da lui “riconciliati” con Dio?. Il brano evangelico conferma che chi crede nel Figlio di Dio ha la vita eterna, ed egli lo risusciterà nell’ultimo giorno. Su questa linea, i cinque prefazi dei defunti esaltano la speranza nella vita futura fondata sulla risurrezione di Cristo: “In Cristo tuo Figlio, nostro salvatore rifulge a noi la speranza della beata risurrezione” (I); “Egli prendendo su di sé la nostra morte ci ha liberati dalla morte e sacrificando la sua vita ci ha aperto il passaggio alla vita immortale” (II); “Egli è la salvezza del mondo, la vita senza fine e la risurrezione dei morti” (III); “per la morte redentrice del tuo Figlio, la tua potenza ci risveglia alla gloria della risurrezione” (IV); “Cristo con la sua vittoria ci redime dalla morte e ci richiama con sé a nuova vita” (V). La morte acquista tutto il suo significato solo se riportata alla dimensione e illuminazione cristologica.

 

Siamo abituati a ricordare in questo mese autunnale di novembre i nostri cari defunti. Nonostante la morte e al di là di essa, noi speriamo che la vicenda storica dell’uomo su questa terra avrà una conclusione positiva. Ci attende non il vuoto, non il nulla, ma l’incontro definitivo con il nostro Redentore. Per il cristiano la morte è una nuova nascita: “come tutti muoiono in Adamo, così tutti in Cristo riavranno la vita” (antifona d’inizio; cf. 1 Cor 15,22). Con la morte cadono tutti i limiti della nostra condizione terrena per essere liberi pienamente e definitivamente nella totalità della nostra esperienza, portando con noi la nostra storia che in qualche modo ritroveremo in Dio. Con la preghiera del salmo responsoriale, abbiamo esclamato: “Contemplerò la bontà del Signore nella terra dei viventi ”; “dimora di luce e di pace”, dice l’orazione dopo la comunione”. Sono immagini con cui la Bibbia esprime la beatitudine eterna a cui siamo tutti chiamati.
 

Il mistero della morte, che si è compiuto nei nostri congiunti, ci invita ad approfondire il senso della vita da cui la morte ricava significato. Tutti abbiamo bisogno di un qualche punto di riferimento, nessuno può vivere senza ideali, senza valori di riferimento. Alla luce di questi ideali cerchiamo di dare un senso alla vita. Per il cristiano, Cristo e il suo vangelo rappresentano l’ideale a cui far riferimento. La vita presente prepara quella futura e definitiva. Nell’aldilà ritroveremo ciò che abbiamo seminato qui. Il pensiero della morte è salutare quando ci incoraggia ad una vita vissuta consapevolmente, quando ci aiuta a non disperdere i doni di Dio che sono in noi.