2Sam 5,1-3: Tu
pascerai il mio popolo Israele
Sal 121 (122): Andremo
con gioia alla casa del Signore
Col 1,12-20: Egli è
anche il capo del corpo, della Chiesa
Lc 23,35-43: Costui
è il re d’Israele
Il Sal 121 è un saluto gioioso e fiducioso rivolto alla
città santa dai pellegrini giunti alle porte di Gerusalemme. Per ogni
israelita, Gerusalemme e il suo tempio, luogo sacro della presenza di Dio,
rappresentavano l’incontro e la straordinaria comunione che si era stabilita
tra Israele e il suo Signore. Riappropriandoci di questo salmo, i cristiani
esprimiamo la volontà di percorrere il nostro cammino verso la Gerusalemme
celeste.
L’anno liturgico si chiude con questa domenica, dedicata
a Cristo re dell’universo, chiave di lettura del mondo e della storia. In
concreto, la solennità odierna propone la regalità di Cristo nella sua luce
biblica e non in quella sociologica. Bisogna quindi evitare le ambiguità che
hanno talvolta caratterizzato questa festa in un passato non lontano. Il
dominio regale di Cristo si esercita sull’universo e sugli individui piuttosto
che sulle società. Infatti, le letture bibliche insistono sull’aspetto
escatologico, e cioè ultraterreno e spirituale della regalità di Cristo. “Il
Regno non si compirà attraverso un trionfo storico della Chiesa secondo un
progresso ascendente, ma attraverso una vittoria di Dio sullo scatenarsi ultimo
del male” (Catechismo della Chiesa
Cattolica, n. 677).
La prima lettura narra l’unzione di Davide consacrato a
re d’Israele. La figura di Davide prefigura quella di Cristo, l’Unto per
eccellenza (cf. I Vespri, ant. Al Magn.). La dimensione universale e cosmica
della regalità di Cristo è celebrata in modo particolare nell’inno della
Lettera ai Colossesi che ci viene proposto come seconda lettura: “Tutte le cose
sono state create per mezzo di lui [Cristo] e in vista di lui. Egli è prima di
tutte le cose e tutte in lui sussistono”. Tra l’inno paolino e la descrizione
della crocifissione di Gesù corre un abisso, a prima vista inconciliabile.
Infatti, il brano del vangelo ci ricorda che Gesù esercita il suo dominio non
tramite la forza, ma nella debolezza della croce. Il potere che Cristo
rivendica sull’uomo non è di mondana potenza, ma proposta di valori liberanti,
ai quali chiede un’adesione libera e personale promettendo a colui che li
accoglie, come al buon ladrone del vangelo, la partecipazione al suo regno:
“oggi sarai con me nel paradiso”.
Il regno di Cristo si stabilisce in “ogni creatura,
libera dalla schiavitù del peccato” (colletta). Se vogliamo quindi che Cristo
re eserciti il suo potere sul mondo, dobbiamo anzitutto far sì che il suo regno
si stabilisca dentro di noi, nelle profondità del nostro essere, da dove prende
origine la nostra espressione, la nostra parola, le nostre opere e il nostro
dinamismo interiore. Cristo regna nei nostri cuori quando “viviamo secondo la
verità nella carità e cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di Cristo” (Lodi
mattutine, lettura breve: Ef 4,15).
La celebrazione eucaristica anticipa in noi i doni del
regno di Dio. Già nell’Antico Testamento la comunione tra Dio egli uomini, che
caratterizzava l’avvento definitivo del Messia e del suo regno, viene
rappresentata con l’immagine di un banchetto sacro al quale il Dio di Israele inviterà
tutti i popoli.