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domenica 13 novembre 2016

IL VALORE DEL GESTO


 

Frequentemente il gesto è considerato come la traduzione corporea di un’intenzione o un ragionamento che lo precede: “Voglio manifestarti il mio bene, potrei dirtelo, scriverlo, ma decido di raffigurare questo mio pensiero spiegandolo con una carezza”. Niente di tutto questo. I gesti non sono spiegazioni di pensieri, ma pensieri e desideri nella loro più originaria forma corporea; non sono espressioni al seguito di una precedente riflessione, ma prime intenzioni del nostro corpo, aventi proprietà e sfumature che nessuna parola o nessuno scritto riusciranno a rendere. “Abbracciare” è ben più di dire o scrivere “ti voglio bene”. Uno schiaffo sul volto è decisamente più pesante di offernsivi insulti scritti o verbali. Nei gesti troviamo non solo il corpo che ingenuamente si esprime, appunto, grazie al “corporaggio”, poiché essi sono il risultato dell’educazione (“saluta!”, “non mettere le dita nel naso!”, “non gridare!”) e quindi della trasmissione della tradizione gestuale di una famiglia, come del resto sono influenzati dal costume tipico di una società.

 

Fonte: G. C. Pagazzi, Questo è il mio corpo. La grazia del Signore Gesù, EDB 2016, 61.