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sabato 26 agosto 2017

DOMENICA XXI DEL TEMPO ORDINARIO ( A ) – 27 Agosto 2017

 

Is 22,19-23; Sal 137 (138); Rm 11,33-36; Mt 16,13-20

L’autore del Sal 137 rende grazie a Dio al cospetto dei suoi angeli (evocati con la locuzione arcaica degli “dei”) e prostrato verso l’aula sacra del tempio, per la benevolenza e fedeltà dimostrata nel concedergli l’aiuto da lui invocato. La preghiera termina con un’espressione di fiducia e con il desiderio che il Signore non abbandoni colui che ha salvato, ma porti a compimento ciò che per lui ha benevolmente iniziato: l’amore del Signore è per sempre. Con grande umiltà e fiducia riprendiamo il Sal 137, che riecheggia il Magnificat di Maria, e innalziamo a Dio la nostra preghiera. La fede ci insegna che Dio non crea l’uomo per abbandonarlo ai bordi di una strada, ma lo segue sempre con amore paterno e premuroso, portando avanti l’iniziativa di salvezza nei suoi confronti, così come fa capire san Paolo nel brano della lettera ai Romani, proposto come. seconda lettura.

Nella prima lettura si parla di un tale Sebna, alto funzionario di corte, uomo disonesto e megalomane. Per mezzo del profeta Isaia viene esautorato da Dio e il suo posto dato ad un umile servo di nome Eliakìm, a cui viene consegnata come simbolo di autorità “la chiave della casa di Davide” e affidato il compito di essere un “padre per gli abitanti di Gerusalemme”. Questo episodio insegna che il potere è dato non per il prestigio e il tornaconto personali, ma per l’utilità comune e il servizio del popolo di Dio. Non c’è dubbio che questo brano di Isaia è stato scelto dalla liturgia odierna a motivo dell’immagine delle “chiavi”, segno di potere, per la chiara corrispondenza con le parole di Gesù a san Pietro riportate dalla lettura evangelica odierna. Gesù si rivolge a san Pietro con queste parole: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa... A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”. Queste parole Gesù le pronuncia dopo la professione di fede dell’Apostolo: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. In forza dell’accoglienza del dono di Dio, sulla base di questa fede, Pietro è costituito fondamento, roccia della Chiesa di Gesù. Ma insieme a lui tutti i cristiani siamo “impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale” (1Pt 2,5; cf. colletta alternativa).

Riprendiamo il simbolismo delle chiavi, presente anche nella prima lettura. Chi possiede la chiave di una casa o di una città ne ha la custodia e la responsabilità. Nel caso di Pietro, si tratta di poteri amministrativi e di governo sul piano spirituale. Il dono fatto al principe degli apostoli è in definitiva un dono fatto a vantaggio di ogni battezzato. La Chiesa è di Cristo (Gesù dice infatti: “edificherò la mia Chiesa”). In essa ci sono uomini e donne di poca fede che hanno sempre bisogno del perdono, dell’amore e della verità per crescere verso il Regno. Il legare e lo sciogliere della Chiesa ci rimanda in definitiva a prendere coscienza che il vero e unico “fedele” di cui ci possiamo fidare è proprio Dio, manifestato nel Figlio Gesù Cristo, e che continua ad agire nel tempo per mezzo dell’umanità di Pietro e dei suoi successori. Nella logica del brano evangelico e nel contesto della prima lettura oggi proposta, il potere conferito a Pietro non è quindi un potere di dominio, ma una investitura con cui Pietro è destinato al servizio dell’uomo in cammino verso il Regno, ad essere un “padre” per i figli di Dio. Il Signore nella sua sapienza imperscrutabile, di cui parla la seconda lettura, non ci abbandona mai. La comunità cristiana non è lasciata sola, ma è sempre vivificata dalla presenza del Cristo risorto. Egli continua ad essere presente in mezzo a noi attraverso molti modi tra cui il servizio di Pietro e dei suoi successori.