Dn 7,9-10.13-14; Sal 96; 2Pt 1,15-19; Mt 17,1-9.
L’esperienza della trasfigurazione che ci narra il vangelo ci insegna che la meta del cammino intrapreso da Gesù è la risurrezione, di cui la trasfigurazione è anticipo, ma la strada passa attraverso l’esperienza dolorosa della passione e della morte. Questa è la verità che Gesù intende far capire ai tre discepoli che l’hanno accompagnato. Perciò, dopo averli resi testimoni della gloria della trasfigurazione, Egli annuncia la sua morte e risurrezione.
L’esperienza della trasfigurazione che ci narra il vangelo ci insegna che la meta del cammino intrapreso da Gesù è la risurrezione, di cui la trasfigurazione è anticipo, ma la strada passa attraverso l’esperienza dolorosa della passione e della morte. Questa è la verità che Gesù intende far capire ai tre discepoli che l’hanno accompagnato. Perciò, dopo averli resi testimoni della gloria della trasfigurazione, Egli annuncia la sua morte e risurrezione.
Se ci soffermiamo sull’immagine
di Cristo trasfigurato, possiamo affermare che essa ha un valore paradigmatico.
In ognuno di noi c’è una particella di quella luminosità divina che ha avvolto
Cristo sul monte Tabor. Il più delle volte però noi ci soffermiamo sulla
superficie e non vediamo altro che un corpo più o meno forte, più o meno bello,
destinato in ogni caso a indebolirsi e ad invecchiare. Nessuno più del medico è
vicino al corpo umano, al quale egli si accosta per studiarne le leggi di
comportamento, per correggerne le disfunzioni, magari per prevenirne le
degenerazioni. Ma questo corpo umano è qualcosa di più di un insieme di
cellule. Questo corpo è parte integrante di una persona che racchiude in sé un
mistero trascendente, che non può essere analizzato con le nostre sofisticate
apparecchiature: né la Tac, né la Risonanza magnetica, né qualsiasi altra
macchina possono mostrarci il mistero trascendente racchiuso nella persona
umana.
Nelle famose stanze di
Raffaello in Vaticano c’è un celebre affresco del grande genio del rinascimento
italiano. Mi riferisco alla composizione pittorica di Raffaello chiamata “La
scuola di Atene”. Al centro di questa complessa composizione troviamo
Aristotele e Platone, i quali indicano ognuno con un gesto diverso la sintesi
delle proprie convinzioni filosofiche, la strada per raggiungere razionalmente
la Verità delle cose. Così Platone, che tiene in mano il Timeo, alza il dito al
cielo per riferirsi al mondo delle idee, mentre Aristotele, che porta con sé il
libro dell’Etica, distende la mano verso il basso a significare che la chiave
per conoscere la Verità si trova nell’indagine delle cose di questo mondo.
Notiamo però che i due grandi filosofi sono consapevoli della complessità della
loro ricerca: Platone, pur guardando in alto, ha in mano il Timeo, opera in cui
egli ha tentato di dare una spiegazione dell’origine del mondo; Aristotele
invece, pur guardando verso la terra e le sue leggi, ha in mano l’Etica, opera
in cui egli ha esposto le esigenze morali dell’uomo tendenzialmente rivolte ad
un valore superiore a quello della natura.
In questo quadro del grande
pittore d’Urbino noi possiamo contemplare espresso in modo mirabile il grande
dilemma dell’uomo che cerca il senso di sé, della sua realtà, del suo destino
con gli occhi rivolti alla terra e la mente aperta al mistero.
Il mistero della
Trasfigurazione ci invita ad avvicinarci con rispetto all’insondabile mistero
che la persona umana nasconde nel suo corpo, così come la secolare tradizione
medica e l’etica professionale ci hanno insegnato, a mettere al centro della
nostra attività la persona umana nella sua inviolabile dignità, a prestare
attenzione alle singole persone, alle concrete situazioni di vita, con le
proprie esperienze e storia, a riconoscere in ogni essere umano l’immagine
stessa di Dio come ci insegna la nostra fede.