[…]
Hoc facite:
indica la consegna della sequenza rituale, dalla cui ripetizione deriva la
possibilità di rileggere storicamente e attualmente la comunione con il
Signore.
Hoc est: il
pane, all’interno di questo processo di scambio, di dono e di abbandono, si
rivela corpo; il calice del vino, in questo stesso processo rituale, si rivela
calice del sangue della alleanza.
[…]
I testi della tradizione
neotestamentaria permettono di riconoscere, se letti senza pregiudizi, una più
corretta correlazione tra l’hoc est e l’hoc facite.
Il rito eucaristico non
consiste nel «dire “Questo è”» - questa è infatti la spiegazione del rito, non
il rito -, ma consiste nel fare la memoria-imitazione di tutta la sequenza di
azioni, che si deve descrivere come comunione col corpo nel pane e col sangue
nel vino. Non la sostanza, ma la circostanza è decisiva. Non l’essere, ma il
divenire è il tema. È il “fare questo” che permette di dire “questo è”, non
viceversa.
Andrea Grillo, Eucaristia.
Azione rituale. Forme storiche. Essenza sistematica (Nuovo Corso di
Teologia Sistematica 8), Queriniana, Brescia 2019, p. 327.