Nm 6,22-27; Sal 66 (67); Gal 4,4-7; Lc 2, 16-21
Il Sal 66 esprime la gioia del
contadino palestinese che, da una terra avara, ha ottenuto il dono delle messi,
segno sperimentabile della benedizione divina. Il salmo diventa poi un inno di
ringraziamento corale per i doni divini in genere. La liturgia del primo giorno
dell’anno riprende questo inno nella sua parte più universalistica in cui si
parla di una presenza benedicente di Dio che abbraccia tutti i popoli della
terra: “…perché si conosca sulla terra la tua via, la tua salvezza fra tutte le
genti”. La nostra vita, che oggi inizia una nuova tappa, è veramente benedetta
da Dio nella misura in cui è illuminata dallo splendore del volto di Dio.
Il primo giorno dell’anno è
carico di diversi significati: l’inizio dell’anno, l’ottava del Natale, la
solennità di Maria SS. Madre di Dio e la giornata mondiale della pace. Nello
sfondo di queste varie tematiche, la celebrazione della divina maternità di
Maria appare più luminosa ed esaltante, dalle risonanze cosmiche. Generando il
Salvatore, Maria si pone al centro della storia dell’umanità, tracciando per
tutti noi gli itinerari non soltanto della nostra crescita spirituale, ma anche
semplicemente umana. La benedetta fra tutte le donne, ci ha donato Gesù, frutto
benedetto del suo seno, primogenito fra molti fratelli, Cristo “nostra pace,
colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che
li divideva” (Ef 2,14). In questo modo, anche noi siamo diventati, per opera
dello Spirito, figli ed eredi, e la nostra vita è nel segno della benedizione
divina di cui la pace è frutto prezioso.
La prima lettura riporta la
formula di benedizione che il sommo sacerdote doveva pronunciare su Israele al
termine delle grandi feste liturgiche e, particolarmente, della festa del nuovo
anno. Quest’antica benedizione sacerdotale fa perno sul nome del Signore,
richiamato per tre volte, e pone questo nome sugli Israeliti. “Porre il nome”
vuol dire stabilire una relazione con la persona. La benedizione è il
riconoscimento che ogni bene viene da Dio e dipende da una vita di comunione
con lui. Segno manifestativo delle benedizioni divine è la pace: Dio benedice
il suo popolo e lo conduce alla pace. Il pieno compimento della benedizione si
ha in Gesù Cristo. Egli è la stessa benedizione: è il grande dono del Padre agli
uomini, da cui vengono tutti gli altri doni. San Paolo lo illustra a modo suo
nella seconda lettura quando afferma che in Cristo abbiamo ricevuto “l’adozione
a figli”; non siamo quindi più schiavi, ma figli. Possiamo diventare
consapevoli della nostra condizione filiale perché ci è stato donato lo Spirito
Santo, che plasma interiormente in ognuno di noi i lineamenti del Cristo, il
Figlio primogenito. Questo mistero è stato possibile ed è reso visibile perché,
“quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna”.
In questo modo, la maternità di Maria accresce la propria realtà dandosi a
vedere quale “madre del Cristo e di tutta la Chiesa” (orazione dopo la
comunione). Maria viene poi proposta come esemplare di accoglienza delle benedizioni
divine donateci in Cristo: nel brano del vangelo essa appare come colei che
serba e medita nell’interiorità del cuore tutti gli eventi che riguardano il
figlio. Da madre si fa anche prima discepola fin da ora, custodendo nel cuore
il mistero del figlio.
L’eucaristia del primo giorno
dell’anno al tempo stesso che ci pone in atteggiamento di riconoscenza per i
doni ricevuti da Dio, di cui Cristo è il dono più prezioso, ci rassicura che
ogni giorno del nuovo anno, ogni giorno della nostra vita sarà sempre un dono
prezioso della grazia divina.