NATALE
DEL SIGNORE – 25 Dicembre 2019
Messa
della notte
Is 9,1-3.5-6; Sal 95 (96); Tt
2,11-14; Lc 2,1-14
Il progetto di salvezza che
Dio ha da tutta l’eternità sull’uomo e sul mondo trova nella nascita di Gesù il
momento culminante della sua attuazione. La Chiesa, riprendendo il Sal 95 nella
sua liturgia natalizia (lo troviamo come salmo responsoriale anche nei giorni
29, 30, 31 dicembre), vede in esso una profezia dell’incarnazione del Verbo e
della vocazione di tutti i popoli della terra dall’idolatria alla fede in lui,
venuto per salvare tutte le nazioni. Tutta la creazione è invitata a
partecipare alla danza di gioia, perché il Signore governerà tutte le genti del
mondo con giustizia. Il bambino nato a Betlemme è quindi il nostro Salvatore:
“Oggi è nato per noi il Salvatore”. E’ un annuncio che si ripete più volte in
questa santissima notte di Natale (antifona d’ingresso, canto al vangelo,
lettura evangelica, antifona alla comunione).
Il tema predominante nei testi
di questa notte è la luce (colletta, prima lettura, vangelo, orazione sulle
offerte). La prima lettura ci ricorda che come è stato per l’antico popolo
d’Israele, così pure è per tutta la storia dell’umanità che cammina nelle
tenebre e nell’oppressione alla ricerca di luce, di verità, di speranza e
di pace. Gesù, il “Principe della pace”,
di cui parla il profeta Isaia, è la risposta definitiva di Dio alle attese
dell’umanità. Anche per noi è offerta la visione della grande luce che fa
fiorire la gioia. In Gesù - dice san Paolo nella seconda lettura – “è apparsa
la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini”.
Questo messaggio di salvezza
viene comunicato non ai potenti della terra, ma a un gruppo di umili pastorali,
rozzi, affaticati dalle lunghe e gelide notti di Palestina. ai quali l’angelo
del Signore dice: “oggi, nella città di Davide, è nato per voi un salvatore,
che è Cristo Signore”. Poi, con l’angelo, appare una moltitudine di spiriti
celesti che al tempo stesso che annunciano “sulla terra pace agli uomini”,
proclamano “gloria a Dio nel più alto dei cieli”. La gloria di Dio è Dio stesso
in quanto si rivela nella sua maestà, nella sua potenza, nello splendore della
sua santità. La “pace in terra” quindi è la manifestazione storica della gloria
di Dio, la manifestazione della volontà salvifica di Dio in Cristo per noi.
Possiamo quindi affermare anche che quando gli uomini siamo nella pace, viviamo
in pace, Dio è glorificato in noi: la gloria di Dio è l’uomo redento, l’uomo
che ha accolto Gesù come Salvatore. Gesù, “Principe della pace”, appare nella
storia dell’umanità come segno di riconciliazione con Dio e con gli uomini. Con
lui “la vera pace è scesa a noi dal cielo” (antifona d’ingresso). Incarnazione
e mistero pasquale sono misteri indissolubili e mentre si celebra uno, non si
può non associarlo all’altro: “Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci
da ogni iniquità” (seconda lettura).
La nascita di Gesù da Maria a
Betlemme segna l’inizio della nostra era indicando in questo modo che ciò che
in quella notte accadde è stato fondamentale per la storia degli uomini. La
nostra storia, la nostra vita, le sorti dell’umanità dipendono da questo fatto
e trovano in esso ispirazione e senso. La storia dell’uomo ha senso perché
Cristo ne è parte integrante, perché egli ne è anzi il personaggio centrale.
Sulla scia di Gesù noi camminiamo per le strade del mondo certi di non andare
allo sbaraglio, ma di avere un traguardo di salvezza. Tutti i nostri limiti,
tutte le nostre sofferenze, tutte le nostre paure, tutte le nostre miserie sono
state redente dal momento che Dio stesso le ha assunte nell’umanità di Gesù.
NATALE
DEL SIGNORE – 25 Dicembre 2019
Messa
dell’aurora
Is 62,11-12; Sal 96 (97); Tt
3,4-7; Lc 2,15-20
Come nella messa di
mezzanotte, anche in quella dell’aurora riappare il tema della luce (antifona
d’inizio, colletta, salmo responsoriale) abbinato a quello della gioia (salmo
responsoriale, antifona alla comunione, preghiera dopo la comunione). Il Sal 96
presenta il regno di Dio come un’apparizione sconvolgente, nella quale saranno
travolte le potenze del male che dominano il mondo. I versetti del salmo
ripresi dall’odierna liturgia fanno riferimento in modo particolare ai temi
della luce e della gioia, che sono temi squisitamente natalizi: Jhwh, re della
luce, appare nella cornice di una gloriosa teofania a cui assiste tutta la
sfilata delle creature e tutta l’umanità. Con questo testo la Chiesa celebra la
manifestazione di Cristo nella carne come una luce soprannaturale, che si è
levata per il giusto e ha recato gioia ai retti di cuore.
Nella prima lettura, ci viene
proposto un breve oracolo del Terzo Isaia. Al popolo ebreo umiliato
dall’esilio, il profeta annuncia la liberazione: “Arriva il tuo Salvatore”. Il
popolo liberato acquista una fisionomia diversa: diventa “popolo santo”,
“redento dal Signore”, “ricercato” e “non abbandonato”. Alla luce di questo
oracolo, il mistero del Natale appare come la manifestazione dell’amore di Dio
che salva. Anche la lettura apostolica parla della manifestazione della bontà
di Dio, Salvatore nostro, che effonde la sua misericordia: san Paolo,
rivolgendosi al suo discepolo Tito, afferma che la prova massima della sua
bontà e del suo amore Dio ce lo ha fornito donandoci il suo proprio Figlio. Il
Natale celebra il dono dell’amore divino nel Cristo, rivelazione del Padre e
salvezza del mondo.
Nella lettura evangelica
continua la narrazione dell’annunciazione ai pastori, aperta nella messa della
notte. Il brano odierno mette in evidenza la risposta dei pastori alle parole
dell’angelo, una risposta coerente e immediata: “Andiamo dunque fino a Betlemme,
vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere...” E san Luca
aggiunge: “E dopo averlo visto riferirono ciò che del bambino era stato detto
loro”. L’evangelista parla anche di Maria, la madre di Gesù, la quale raccoglie
queste parole (così letteralmente) e
le medita nel suo cuore, cioè cerca di penetrarne il senso. Fin d’ora Maria è
il tipo di ogni vero uditore della parola di Dio. I pastori se ne sono andati
“glorificando e lodando Dio”. Il loro andare diventerà, nel corso del Vangelo e
degli Atti degli Apostoli, paradigma della diffusione della Buona Novella tra
le genti.
La salvezza di Dio ci viene
offerta in forma umana, nella povertà e debolezza, nel “segno” di un bambino,
che assume la nostra debolezza: “la nostra debolezza è assunta dal Verbo”
(prefazio III del Natale). Perciò la tradizione cristiana ha fatto del Natale
una festa di profonda solidarietà umana.
Anche l’eucaristia del Natale
rievoca e ripresenta la morte e la risurrezione del Cristo, ma, con il mistero
della Pasqua, e in ordine ad esso, ricorda e rinnova, in certo modo, tutta la
storia della salvezza, di cui l’incarnazione e la nascita di Gesù sono gli
inizi. Il Natale del Signore segna l’inizio di quel cammino salvifico che porta
Gesù a farsi in tutto simile agli uomini, fuorché nel peccato, fino alla morte
di croce: è il cammino che, da una parte, prepara la Pasqua e ad essa conduce
e, dall’altra, riceve significato salvifico proprio dalla Pasqua.
NATALE
DEL SIGNORE – 25 Dicembre 2019
Messa
del giorno
Is 52,7-10; Sal 97 (98); Eb
1,1-6; Gv 1,1-18
Il Sal 97 ripete pensieri già
espressi in altri salmi regali, in particolare nel Sal 95 proposto come salmo
responsoriale nella messa dell’aurora. Nel Natale di Cristo, la Chiesa ci
invita a lodare con le parole profetiche di questo salmo il Signore che ha
compiuto prodigi e ha manifestato la sua salvezza e il suo amore per la casa
d’Israele. Nel bambino di Betlemme questa salvezza si è manifestata, non solo
ad Israele, ma a tutti gli uomini della terra che possono ormai contemplarla e
accoglierla. L’ingresso del Salvatore nel mondo e nella storia provoca un
sussulto di felicità in tutti e in tutto. La gioia del Natale però sarebbe
superficiale se non fosse fondata sulla contemplazione del mistero natalizio alla luce della fede.
Ecco perché in questa messa del giorno siamo invitati a contemplare, guidati
dalla parola di Dio, le profondità di questo mistero.
La prima lettura riporta un
brano del Secondo Isaia, l’anonimo annunziatore del ritorno di Israele
dall’esilio di Babilonia. Il profeta parla di un messaggero che annunzia pace,
felicità, salvezza. Questa missione, nel Nuovo Testamento, Gesù l’attribuirà a
se stesso (cf. Lc 4,43). La seconda lettura conferma che Dio ha parlato a noi
per mezzo del Figlio. La lettura evangelica è presa dal grandioso prologo al
vangelo di Giovanni. Vale la pena di concentrare la nostra attenzione su questo
sublime brano. Giovanni annunzia che il Verbo di Dio si è fatto carne ed è
venuto ad abitare in mezzo a noi; ma al tempo stesso annunzia che tutti coloro
che accolgono questo bambino, il Figlio di Dio fatto carne, ricevono anch’essi
il potere di diventare figli di Dio. In Cristo ci viene offerta la possibilità
di una nuova origine, non più fondata sul sangue e sulla carne, ma su Dio
stesso. Il mistero del Natale riguarda quindi anche noi. Il mistero di un Dio
fatto uomo ci immerge nel mistero dell’uomo che diventa figlio di Dio. Si
tratta di quel “misterioso scambio” di cui parla il III prefazio di Natale: il
Verbo di Dio assume la nostra natura umana nella sua debolezza e fragilità, e
noi, uniti a lui in comunione mirabile, condividiamo la sua vita immortale (cf.
anche la preghiera dopo la comunione). La stessa dottrina esprime san Paolo in un
brano che viene proposto oggi alla nostra attenzione: “Quando venne la pienezza
del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge per
riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a
figli” (Primi vespri, lettura breve - Gal 4,4-5). Nel Natale noi contempliamo
gli inizi della nostra salvezza. L’antifona alla comunione, annuncia
profeticamente questo evento quando dice: “tutti i confini della terra vedranno
la salvezza del nostro Dio” (cf. Sal 97,3).
Il grande padre della Chiesa
romana, san Leone Magno, contemplando il mistero dell’Incarnazione, esclama:
“Riconosci, cristiano, la tua dignità e, reso partecipe della natura divina,
non voler tornare all’abiezione di un tempo con una condotta indegna” (Ufficio delle
letture, seconda lettura). Questa stessa esortazione è implicita nel testo del
prologo di Giovanni quando si dice che a colui che accoglie il Figlio di Dio
fatto carne, viene dato potere di “diventare” figlio di Dio: la nostra identità
di figli di Dio è inserita dentro un processo dinamico che si apre ad una
crescita progressiva e senza sosta che ci conduce verso gli spazi della vita
divina.
L’eucaristia che oggi
celebriamo è per eccellenza il sacrificio della nuova alleanza, i rito della
nuova umanità, che ci introduce progressivamente alla partecipazione della vita
divina.