Sir 15,15-20 (nv 16-21); Sal 118 (119); 1Cor 2,6-10;
Mt 5,17-37.
Il salmo responsoriale propone
alcuni versetti delle cinque prime strofe del Sal 118, il più lungo del
Salterio. Il tema fondamentale del salmo è la legge divina nel suo senso più
vasto e religioso di rivelazione del volere divino nella storia sacra, con efficacia
sulla vita dei singoli credenti. Possiamo considerare questo testo salmico come
una specie di meditazione della legge di amore insegnata da Cristo a compimento
della legge mosaica. Ognuno è libero di scegliere la strada che preferisce, ma
soltanto chi cammina alla luce della legge del Signore raggiungerà il traguardo
della vita. Ecco il messaggio di questa domenica, illustrato dalle letture bibliche.
Nel brano evangelico, Gesù
afferma che non è venuto ad abolire la Legge, ma a dare pieno compimento ad
essa. Tra l’Antico Testamento e il Nuovo Testamento c’è continuità ma c’è anche
progresso, anzi tra i due Testamenti ci sono pure delle vere e proprie rotture.
Infatti, Gesù dopo aver affermato che non è venuto ad abolire ma a dare
compimento, continua il suo discorso dicendo “Avete inteso che fu detto agli
antichi … Ma io vi dico …” Gesù non distrugge il passato, ma lo completa
definitivamente nel campo della conoscenza di Dio e in quello morale. Con il
suo ripetuto “ma io vi dico”, Gesù manifesta una consapevolezza che va oltre
quella dei profeti dell’Antico Testamento: la sua è l’autorità del Messia,
superiore a Mosè. La legge di Mosè e la legge di Cristo non sono quindi leggi
in contrasto fra loro, ma bisogna pure coglierne le diversità anche profonde.
Più in concreto, possiamo domandarci in che cosa consiste lo specifico della
legge cristiana e come può dirsi in continuità e al tempo stesso in una certa
rottura con la legge degli antichi?
Il brano del vangelo odierno
ci pone di fronte ad una serie di antitesi che toccano diversi punti della
Legge anticotestamentaria, scelti evidentemente tra i molti altri possibili.
Non è però una scelta fatta a caso: tre riguardano il comportamento verso il
prossimo e tutti e tre mettono in luce la carità. Possiamo dire che ad un’etica
del “lecito” viene sostituita un’etica dell’ “amore”. In Cristo il regno di Dio
si è fatto vicino, l’amore di Dio si è rivelato con una più grande chiarezza,
il perdono ci è offerto con una misericordia gratuita e senza limiti, allora il
nostro comportamento deve esprimersi con una generosità nuova, anzi con la
generosità dell’amore. Ci viene rivelata in modo nuovo la paternità di Dio e ci
viene quindi chiesta con maggiore enfasi un’etica filiale. Più che preoccuparci
di determinare fino a che punto possiamo spingerci per non cadere sotto il
giudizio di condanna, occorre chiederci che cosa ci faccia crescere con
maggiore vigore nell’amore di Dio e del prossimo.
Come i profeti dell’Antico
Testamento che l’hanno preceduto, anche Gesù si è sforzato di ricuperare il
centro della volontà di Dio, e cioè il primato della carità. Tutto deve essere
letto alla luce di questo centro, e tutto deve essere valutato in base ad esso.
Nel Nuovo Testamento il comportamento morale diventa maggiormente opera
dell’uomo integrale e si unifica assai più nella legge suprema dell’amore di
Dio e degli uomini. Nella Nuova Alleanza l’amore diventa quindi il principio
che ispira tutta la vita dei discepoli di Cristo. Come dice l’orazione colletta
della messa, Dio ha promesso di essere presente in coloro che lo amano e con
cuore retto e sincero custodiscono la sua parola.