Lev 19,1-2.17-18; Sal 102
(103); 1Cor 3,16-23; Mt 5,38-48
Possiamo soffermarci sulle
ultime parole del brano evangelico. Gesù afferma: “siate perfetti come è
perfetto il Padre vostro celeste”. Un ideale immenso che però è già proposto
nell’Antico Testamento come ci ricorda la prima lettura d’oggi presa dal libro
del Levitico: “Il Signore parlò a Mosè e disse: Parla a tutta la comunità degli
Israeliti dicendo loro: Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono
santo”. Il fatto che Gesù esiga da noi la perfezione del Padre, significa che
esiste in noi questa capacità, avendoci trasformati in veri figli di Dio.
Possiamo dire che in noi c’è il DNA di Dio Padre e del suo Figlio Gesù Cristo.
Gesù esige da noi la
perfezione e santità di Dio in un contesto ben preciso. Lo fa parlando della
paternità e tenerezza di Dio che ama tutti i suoi figli, e fa sorgere il suo
sole anche sui cattivi e fa piovere anche sugli ingiusti, beneficando con i
suoi doni anche i peccatori. Orbene Dio vuole che lo imitiamo, soprattutto in
questo suo amore. Perciò dobbiamo impegnarci ad astenerci dall’odio, dalla
vendetta e dal rancore verso il prossimo.
Nella nostra società,
attraversata tuttora dall’odio e dalla violenza, il messaggio della fraternità
universale esercita sempre un certo fascino. Non di rado però in nome della
decantata fraternità universale si calpestano i valori più sacrosanti della
coscienza cristiana e religiosa in genere predicando e imponendo di fatto un
relativismo etico, che induce a ritenere inesistente un criterio oggettivo e
universale per stabilire il fondamento e la corretta gerarchia di valori. Non
essendo riconosciuta a priori alcuna verità come unico criterio pratico di
discernimento dei valori, ci si affida all’opinione della maggioranza per
stabilire le norme della convivenza pacifica tra gli uomini. Ogni scelta che
riesce ad avere il consenso dei più diventa vincolante per tutti. Non è questa
la fraternità universale proposta dal Vangelo. Essa svanisce se non è fondata
nella verità della nostra comune figliolanza nei riguardi di Dio Padre di
tutti. Non si può costruire una società fraterna che non rispetti la coscienza
religiosa di ogni singola persona e il suo diritto a manifestarla.
“Nella libertà religiosa trova espressione la
specificità della persona umana, che per essa può ordinare la propria vita
personale e sociale a Dio, alla cui luce si comprendono pienamente l’identità,
il senso e il fine della persona. Negare o limitare in maniera arbitraria tale
libertà significa coltivare una visione riduttiva della persona umana; oscurare
il ruolo pubblico della religione significa generare una società ingiusta,
poiché non proporzionata alla vera natura della persona umana; ciò significa
rendere impossibile l’affermazione di una pace autentica e duratura di tutta la
famiglia umana” (Benedetto XVI).