Gen 2,7-9; 3,1-7; Sal 50 (51);
Rm 5,12-19; Mt 4,1-11
Nella prima domenica di
Quaresima, recitiamo il Sal 50, salmo penitenziale per eccellenza, che abbiamo
trovato già nel Mercoledì delle ceneri e ritroveremo ancora in seguito. Si
tratta di una delle più belle suppliche del salterio per la spontaneità e la
profondità dei sentimenti che in esso sono espressi. All’inizio del cammino
quaresimale, questo salmo diventa il segno della nostra sincera volontà di
conversione. Se il senso della colpa che il testo esprime è vivissimo, più
intensa è, però, l’esperienza del perdono, della novità dello spirito, della
gioia di sentirsi salvato dal Dio misericordioso. Perciò si potrebbe ben dire
che più che un canto penitenziale, il Sal 50 è la celebrazione della
risurrezione alla vita nello spirito della parabola del figlio prodigo che
ritorna alla casa del padre.
La prima lettura racconta il
peccato di Adamo ed Eva, i quali disobbediscono al progetto che Dio ha su di
loro. Il brano del vangelo, invece, ci propone l’episodio delle tentazioni di
Gesù nel deserto secondo la versione di san Matteo. Dalle tentazioni Gesù esce
vittorioso accettando fino in fondo la volontà del Padre. Ecco quindi che alla
disobbedienza di Adamo si contrappone l’obbedienza di Cristo, due personaggi
che fanno scelte opposte; scelte nelle quali noi tutti siamo coinvolti. Ce lo
fa capire san Paolo nella seconda lettura, quando stabilisce un confronto fra
Adamo, responsabile della prima caduta umana che ha scatenato nel mondo la
forza ostile del peccato, e Gesù Cristo, grazie al quale “si riversa su tutti gli
uomini la giustificazione, che dà vita”. Gesù ha il potere di salvare l’uomo,
perché ha, nella sua umanità, la capacità di ricollegare validamente l’uomo con
Dio.
Come in Adamo e come in Gesù,
la tentazione ci pone di fronte alla continua necessità di decidere e di
scegliere. Le tre tentazioni subite da Gesù nel deserto possono essere
considerate paradigmatiche di quelle a cui noi tutti siamo continuamente
esposti. Gesù è tentato dal potere, dal successo e dal desiderio di usare per
il proprio vantaggio le doti che ha ricevuto per il servizio degli altri e, in
questo modo, sganciarsi dalla propria missione. Egli vince le tentazioni
contrapponendo al tentatore la parola di Dio, e cioè il progetto che il Padre
ha su di lui: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla
bocca di Dio” (canto al vangelo - Mt 4,4). Adamo ha voluto gestire in proprio,
in assoluta autonomia il suo destino, e ha incontrato la morte. Cristo invece
ha riconosciuto la propria dipendenza da Dio, e ha incontrato la vita: Egli non
ha avuto paura di sottomettere la sua libertà al volere di Dio, perché ha
capito che la sottomissione a Dio libera l’uomo della sottomissione agli idoli.
“La Scrittura e la Tradizione
della Chiesa richiamano continuamente la presenza e l’universalità del peccato
nella storia dell’uomo” (Catechismo della
Chiesa Cattolica, n. 401). Infatti in ciascuno di noi c’è l’eredità del
fallimento di Adamo ed Eva, ma c’è anche il dono della giustificazione operata
da Cristo, di cui il battesimo è segno efficace. Convertirsi vuol dire prendere
coscienza del progetto di Dio su di noi e fare le scelte secondo questo
progetto, fidarsi più di Dio che delle lusinghe del tentatore. In altre parole,
convertirsi significa entrare nella corrente salvifica che ci trasforma da
Adamo – uomo peccatore in Adamo uomo – fedele. La Quaresima, “segno
sacramentale della nostra conversione” (colletta) è il tempo favorevole per
tale progetto (cf. orazione sulle offerte).