Gl 2,12-18; Sal 50 (51); 2Cor
5,20-6,2; Mt 6,1-6.16-18
Il salmo responsoriale
riprende alcuni versetti del Sal 50, una delle più belle e profonde suppliche
del salterio. Il Miserere, grande
salmo penitenziale, accompagna la Chiesa nell’esercizio della penitenza
quaresimale e nella preparazione alla Pasqua. Il salmista si rivolge a Dio
supplicandogli che intervenga attuando una nuova creazione nel cuore del
credente, purificato dal suo peccato, affinché questi possa proclamare la lode
del Signore. All’inizio della Quaresima, questo salmo ci colloca nel giusto atteggiamento
penitenziale per intraprendere “un cammino di conversione” (colletta della
messa) che ci conduca a celebrare con “cuore puro” e “spirito saldo” la Pasqua
del Signore.
Le due prime letture della
messa d’oggi parlano della conversione. Le calamità che ai tempi di Gioele
hanno colpito la terra di Giuda (la siccità e l’invasione delle cavallette)
diventano per il profeta un segno per invitare il popolo alla conversione:
“Così dice il Signore: ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con
pianti e lamenti” (prima lettura). San Paolo, nella seconda lettura, ci ricorda
che la conversione, nella prospettiva cristiana, non è il cammino che noi
dobbiamo fare per andare a Dio, ma piuttosto il cammino di riscoperta di quanto
Dio in Cristo Gesù ha fatto per noi: “lasciatevi riconciliare con Dio”. Notiamo
inoltre che il verbo greco (kattalàssô)
usato per indicare la riconciliazione è quello usato per la riconciliazione tra
due sposi dopo una infedeltà. Ritorna così un simbolismo caro ai profeti: la
relazione che intercorre tra Dio e la sua creatura è analoga a quella che
unisce due persone innamorate. L’Apostolo ci invita a non perdere l’occasione
per riallacciare questo legame di intimità con Dio. La Quaresima è il “momento
favorevole” per ritrovare o rinsaldare tale legame.
Il brano evangelico illustra
il significato delle pratiche quaresimali tradizionali: l’elemosina, la
preghiera e il digiuno, con un continuo richiamo a superare il formalismo. Gesù
ne parla nel contesto del discorso sulla nuova giustizia, superiore all’antica;
egli illustra le caratteristiche di questa nuova giustizia e le applica alle
tre pratiche fondamentali della pietà giudaica: l’elemosina, la preghiera e il
digiuno. Gesù non elimina queste pratiche; egli vuole solo che le compiamo con
sincerità, senza ipocrisia di sorta. Siamo chiamati a vivere ogni giorno una
continua lotta contro l’ipocrisia, per non falsare la nostra relazione con il
Padre, che dev’essere vissuta nell’intimità del cuore.
La Quaresima, che iniziamo
oggi, è un tempo propizio per la maturazione individuale e collettiva della
fede. Fuori di una prospettiva di fede, essa corre il pericolo di svilirsi in
un periodo di tempo in cui lo sforzo morale e le pratiche ascetiche rischiano
di diventare fine a se stesse e pertanto possono condizionare negativamente
l’approfondimento di un’autentica esperienza di vita cristiana. La Chiesa non
insiste più, come ha fatto in tempi passati, nelle pratiche penitenziali in sé
come gesti puntuali da compiere. Mutati i tempi, possono e debbono cambiare
anche i modi concreti di esprimere l’ascesi; non può scomparire però il sincero
slancio di conversione verso Dio. L’austero rito delle ceneri, che sostituisce
oggi l’atto penitenziale dell’inizio della messa, è un invito a intraprendere
l’itinerario spirituale della Quaresima per giungere completamente rinnovati a
celebrare la Pasqua di Cristo Signore (cf. preghiera di benedizione delle
ceneri). La partecipazione all’eucaristia ci è di sostegno in questo cammino
(cf. orazione dopo la comunione).