Alberto Fabio Ambrosio
– Catherine Aubin, Inginocchiarsi (Riti del vivere), Cittadella, Assisi
2021. 112 pp. (€ 11,50).
Questo piccolo libro
forma parte della collana “Riti del vivere”: i riti del vivere sono anche i
riti del credere. In ogni movimento, gesto, parola c’è già un atto di fede. Offro
una pagina del volumetto, che ha come titolo “Preghiera e consapevolezza di
essere creature” (p. 94).
Il significato
principale di questo gesto sta in un atteggiamento di preghiera. Ad esempio
Mosè; “Mosè si curvò in fretta fino a terra e si prostrò. Disse: ‘Se ho trovato
grazia ai tuoi occhi, mio Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è
un popolo di dura cervice, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa’
di noi la tua eredità’” (Es 34,8). E ancora Daniele nella fossa dei leoni: “Tre
volte al giorno si metteva in ginocchio a pregare e lodava il suo Dio, come era
solito fare anche prima” (Dn 8,11).
Ma cosa ci dicono le
nostre ginocchia della nostra relazione con Dio? La parola “ginocchio”, in ebraico berek è
formata dalla parola testa associata all’espressione in te. Nell’assonanza
ebraica della parola ginocchio c’è baruk che vuol dire “il benedetto”.
Ginocchio e benedizione in ebraico sono le stesse parole. Chi ha potuto
godere del gesto affettuoso di essere accolto sulle ginocchia di qualcuno, ha
ricevuto, quindi, una benedizione filiale. Possiamo anche dire che chi si
inginocchia si prepara a ricevere la benedizione di Dio.