1 Salmo. Di Davide.
Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
2 Su pascoli erbosi mi
fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
3 Rinfranca l’anima mia,
mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.
4 Anche se vado per
una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.
5 Davanti a me tu
prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca.
6 Sì, bontà e fedeltà
mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni.
La Liturgia delle Ore adopera il Sal 23
(22), col titolo “Il buon Pastore”, nell’Ora media della Domenica della seconda
settimana e nell’Ora media della Domenica della quarta settimana. Come
sottotitolo si cita Ap 7,17: “L’Agnello sarà il loro pastore, e li guiderà alle
fonti delle acque della vita”.
Il Sal 23
è stato probabilmente composto in epoca postesilica (forse nell’ambiente della
spiritualità dei “poveri di JHWH”). Esso esprime, mediante il ricorso a due
metafore, quella del pastore e quella dell’ospite, la relazione di fiducia che
l’orante nutre nei confronti del suo Signore. Il titolo del salmo lo associa a
Davide che da giovane era stato un pastore (1Sam 16,11) e fu poi chiamato a
fare da pastore al popolo d’Israele quale loro re (2Sam 5,2).
Quanto
alla struttura del salmo, sono chiare le due parti maggiori: il Signore pastore
(vv. 1-4); il Signore ospite (vv. 5-6). Il salmo è semplice nella costruzione e
nello sviluppo; la sua ricchezza ha le radici nel ricco repertorio di simboli
elementari che racchiude. Alla vita pastorizia si richiamano i termini:
pastore, pascoli, acque, bastone, vincastro, cammino, e i verbi come: far
riposare, condurre, rinfrancare, guidare, camminare. All’immagine
dell’ospitalità, si richiamano la mensa, il rito dell’unzione dell’olio per gli
ospiti e il calice.
La
metafora di apertura del salmo descrive Dio come pastore e il salmista come una
delle sue pecore. Il tema del pastore è costante nella Bibbia. L’immagine del
pastore riferita ai re e alle divinità era comune in tutto il Vicino Oriente
antico. L’ospitalità era praticata dai nomadi, i quali hanno frequentemente
bisogno gli uni degli altri. Nella terra promessa Israele è ospite di Dio (Lv
25,23), perciò esso pure deve dare ospitalità ai forestieri (Lv 19,34). Secondo
il Sal 119,19, l’uomo sulla terra è solo un ospite.
Nei vv.
2-4 è tratteggiato l’elogio del Signore come pastore. Il salmista esplicita con
esempi la sua professione di fede. Descrive i compiti del premuroso pastore. Si
parla infatti di pascoli erbosi, acque tranquille, di riposo, di cammino sicuro
sotto la sua guida vigile (vv. 2-3). Inoltre, tutto ciò è fatto per e con
amore. Infatti, il Signore sceglie il “giusto cammino” (v. 3) cioè le piste più
opportune e libere da pericoli per la transumanza del suo gregge. E questo lo
fa “a motivo del suo nome”. L’espressione indica la gratuità della salvezza che
ritorna a gloria di Dio.
Con le
parole “Anche se vado per una valle oscura […] tu sei con me” (v. 4a), l’orante
passa dalla terza persona singolare alla seconda, al “tu” confidenziale con cui
interpella Dio ed esprime una fiducia piena nella sua protezione. L’espressione
“il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza” (v. 4b) contiene due
termini pressoché sinonimi. La voce “bastone”, che designa anche lo scettro
regale (Sal 2,9) doveva indicare un’asta corta e nodosa come arma di difesa
contro possibili bestie feroci. Il termine “vincastro” invece allude al bastone
lungo e ricurvo di viaggio, segno di guida che consentiva anche di radunare il
gregge in caso di dispersione.
I vv. 5-6,
introducono una nuova metafora: Dio è l’ospite di un banchetto cui il salmista
è un invitato d’onore. Si passa quindi dall’immagine della pastorizia a quella
dell’ospitalità. Dio prepara una mensa per il suo ospite e unge di olio
profumato il suo capo, gesto facente parte del rituale dell’ospitalità (cf. Am
6,6; Lc 7,46). L’espressione “sotto gli occhi dei miei nemici” (v. 5) esprime
la propria fiducia in Dio non durante un momento di tranquillità, bensì mentre
il salmista si trova messo sotto pressione da parte dei suoi nemici. “Il mio
calice trabocca” (v. 5) indica la pienezza e l’abbondanza (Sal 36,9). Il pasto
dell’ospitalità evoca il sacrificio di comunione nel Tempio che comprendeva un
banchetto sacro con le carni della vittima immolata; simbolo di comunione e di
intimità tra Dio e l’uomo.
Il salmo
termina col v. 6 alludendo a un movimento processionale per entrare nel tempio,
e abitare “per lunghi giorni” nei suoi atri. Il tempio era il luogo dove Dio
faceva conoscere la sua presenza in mezzo al suo popolo. Il salmista proclama
dunque che vivrà alla luce della presenza di Dio. La processione è accompagnata
da “bontà e fedeltà”, personificazione degli attributi divini, legati al patto,
che accompagnano il fedele nel santuario.
La figura
di Dio come pastore e ospite si rispecchia e si attualizza nel Nuovo
Testamento. In Gv 10,1-21, Gesù si presenta come l’unico vero pastore predetto
dai profeti. Nei vv. 11 e 14, con una formula, ribadita due volte, si proclama
“buon pastore”, “che “dà la propria vita per le pecore” (v. 11), e che conosce
le sue pecore ed esse conoscono lui (cf. v. 14). Pietro, riferendosi ai
cristiani, dice: “Eravate erranti come pecore, ma ora siete stati ricondotti al
pastore e custode delle vostre anime” (1Pt 2,25). Nel discorso sulla fiducia
nella provvidenza divina, Gesù conclude con queste parole: “Non temere, piccole
gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno” (Lc 12,32).
Il Sal 23 è
stato frequentemente commentato dai Padri della Chiesa, che l’anno interpretato
in senso sacramentale, come profezia dei misteri di Cristo celebrati nella
liturgia del battesimo, della cresima e dell’eucaristia, sacramenti
dell’iniziazione cristiana. Il salmo era anticamente cantato nella notte di
Pasqua, quando i neobattezzati, risalendo dalla vasca battesimale (“acque
tranquille”, v. 2) si recavano verso il luogo della confermazione, dove si
ungeva di profumo la loro testa, prima di partecipare per prima volta alla
comunione eucaristica, la mensa preparata per loro (v. 5). Agostino afferma che
i catecumeni che vogliono ricevere il battesimo devono imparare questo salmo a
memoria (Discorsi 366,1). Gesù è
l’ospite generoso che ci accoglie e ci mette in salvo dai nemici preparandoci
la mensa del suo corpo e del suo sangue e quella definitiva del banchetto
messianico in cielo: “Allora l’angelo mi disse: ‘Scrivi: Beati gli invitati al
banchetto di nozze dell’Agnello!’” (Ap 19,9; cf. Lc 14,15ss; Ap 3,20).
Con gli
stessi motivi di fiducia manifestati in questo salmo, la Chiesa accompagna i
fedeli defunti nel passaggio alla vita eterna attraverso la valle oscura e
insidiosa della morte, verso i pascoli del riposo e le acque tranquille della
vita eterna, dove le parole profetiche del salmo hanno il loro altissimo
compimento. Nell’Apocalisse si legge che gli eletti “non avranno più fame né
avranno più sete, non li colpirà il sole né arsura alcuna, perché l’Agnello che
sta in mezzo al trono, sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque
della vita” (Ap 7,16-17), testo quest’ultimo citato dalla Liturgia delle Ore nel sottotitolo del salmo.
Il Signore
è per ognuno di noi Pastore e Ospite divino; egli ci conosce per nome e ci
accompagna nelle avversità della vita e nelle prove dello spirito e ci conduce
ai pascoli della vita eterna. Il grande filoso francese Henri-Louis Bergson, la
cui opera ebbe una forte influenza anche nel campo della teologia, affermava:
“Le centinaia di libri che ho letto non mi hanno procurato tanta luce e tanto
conforto quanto questi versi del Sal 23”. Il P. Claret cita questo salmo
all’inizio degli Esercizi spirituali che il 16 luglio 1949 ha iniziato con i
cofondatori della Congregazione di Missionari; egli cita in concreto il v. 4: “Virga tua et baculus tuus ipsa me consolata
sunt” (“Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza”). Il Santo
interpreta il salmo a modo suo, “alludendo alla devozione e fiducia che
dobbiamo professare alla santa Croce e a Maria Santissima (memorie celebrate il
16 luglio), applicando poi tutto il salmo al nostro disegno” (sono parole sue
riportate nell’Autobiografia, n.
490).
Preghiera: O Dio, pastore d’Israele, che hai ricondotto
il tuo Figlio nei sentieri della vita, facci sempre sentire la tua amorosa
presenza, affinché non ci manchi il pascolo erboso, ci sia assicurata l’acqua
tranquilla, e possiamo abitare felici nella tua casa.
Bibliografia: Spirito
Rinaudo, I salmi preghiera di Cristo e
della Chiesa, Elle Di Ci, Torino-Leumann 1973; Vincenzo Scippa, Salmi, volume 1. Introduzione e commento, Messaggero,
Padova 2002; Ludwig Monti, I salmi:
preghiera e vita, Qiqajon, Comunità di Bose 2018; Temper Longman III, I salmi.
Introduzione e commento, Edizioni GBU, Chieti 2018.