I
Messali del tardo Medioevo contengono nei paesi del settentrione europeo, per
lo più per ogni giorno di festa, e persino per ogni formulario di Mesa che
rechi l’Alleluia, una Sequenza.
Altrove, e soprattutto a Roma, si era più restii al riguardo e, in perfetta
aderenza alla loro origine, non le si usava nella Messa. Con la riforma del
Messale sotto Pio V ne vennero conservate solo quattro. Anche nel Messale di
Paolo VI ne abbiamo solo quattro: Victimae
paschali laudes a Pasqua; Veni,
Sancte Spiritus a Pentecoste; Lauda,
Sion, Salvatorem nella solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo; Stabat Mater nella memoria della beata
Vergine Addolorata, il 15 settembre. L’Ordinamento
generale del Messale Romano afferma: “La Sequenza, che, tranne nei giorni
di Pasqua e Pentecoste, è facoltativa, si canta prima dell’Alleluia” (n. 64).
La Sequenza
Victimae paschali laudes, dalla forma
elegante e piena di lirico entusiasmo, schiettamente austriaco, è attribuita a Vipo
(+ ca. 1050), cappellano alla corte dell’imperatore Corrado II. Gli studiosi,
notando che nella prima parte della Sequenza, a differenza della seconda, non
si trovi la rima, ma solo l’assonanza, deducono la probabilità che la prima
parte dell’inno possa essere esistita già anteriormente a Vipo.
La Sequenza,
che viene cantata nel giorno di Pasqua e durante l’ottava, inizia con l’invito
a lodare la Vittima pasquale; passa, poi, al dialogo, veramente originale, tra
la comunità e la risposta della Maddalena, che ha incontrato il Signore risorto
con evidente riferimento ai racconti evangelici di Mt 28,1-10 e Gv
20,1-2.11-18. Questa forma dialogica era tipica della poesia ecclesiastica
orientale.
Il
testo che abbiamo attualmente nel Lezionario della Messa, come già nel Missale Romanum del 1570, è mancante
della quinta strofa: “Credendum est magis soli Mariae veraci, quam Iudeorum
turbae fallaci” (= Si deve credere soprattutto a Maria [Maddalena] veritiera,
piuttosto che alla turba mentitrice dei Giudei).
I
capi dei sacerdoti con gli anziani, infatti, prezzolarono i soldati posti a
guardia del sepolcro perché dicessero che, mentre dormivano, i discepoli
avevano rubato il corpo di Gesù (cf. Mt 28,11-15). La strofa mancante
giustificava meglio l’atto di fede contenuto in quella seguente: “Sì, ne siamo
certi: Cristo è davvero risorto”. Anche la frase praecedet suos della penultima strofa è stata cambiata in praecedet vos. Gli studiosi credono che
questa mutazione sia probabilmente dovuta a una svista di trascrizione di
qualche amanuense. L’Amen e l’Alleluia sono posteriori.
Alla
Sequenza un tempo era aggiunto il seguente testo in prosa ritmica: “Fulgens
preclara rutilat per orbem hodie dies, in qua Christi lucida narrantur ovantes
praelia” (= Oggi in tutto il mondo brilla di luce ammirabile il giorno in cui
si annuncia tra gli osanna la gloriosa vittoria di Cristo).
1.
Victimæ paschali laudes immolent christiani.
2.
Agnus redemit oves: Christus innocens Patri reconciliavit peccatores.
2a.
Mors et Vita duello conflixere mirando: dux vitæ mortuus regnat vivus.
3.
Dic nobis, Maria, quid vidisti in via?
3a. Angelicos
testes, sudarium et vestes.
4. Sepulcrum
Christi viventis: et gloriam vidi resurgentis,
4a.
Surrexit Christus spes mea, præcedet vos [suos] in Galileam.
5.
[Credendum est magis soli Mariae veraci quam Iudaeorum turbae fallaci.]
5a.
Scimus Christum surrexisse a mortuis vere, tu nobis, victor rex, miserere.
Amen.
Alleluia.
Bibliografia
minima: A. Bergamini, Le Sequenze nella
liturgia della Parola, San Paolo, Cinisello Balsamo 2004, pp. 49-62
(l’autore studia anche i contenuti teologici); J.A. Jungmann, Missarum sollemnia, Àncora, Milano (in
edizione anastatica) 2004, I, pp. 352-353; M. Righetti, Manuale di storia liturgica, II, Àncora, Milano (in edizione
anastatica II) 2005, p. 284.