Ap 7,2-4.9-14; Sal 23 (24); 1Gv 3,1-3; Mt 5,1-12a
Nella
festa di tutti i Santi, siamo invitati a contemplare l’assemblea festosa dei
nostri fratelli che glorificano in eterno il Padre e, al tempo stesso, a prendere
coscienza che anche noi siamo in cammino verso la casa del Padre. Nel nostro
pellegrinaggio sulla terra, Dio ci ha dato come “amici e modelli di vita” i
santi (prefazio).
Nelle
letture bibliche e nelle preghiere della Messa di questa solennità possiamo
cogliere alcuni temi che illustrano diversi aspetti della santità. La prima
lettura, tratta dall’Apocalisse, ci offre lo spettacolo della Gerusalemme
celeste, popolata dagli eletti: si tratta di una “moltitudine immensa… di ogni
nazione, tribù, popolo e lingua” che sta “in piedi davanti al trono e davanti
all’Agnello”. Questa moltitudine di eletti è indicata dal testo in
“centoquarantaquattromila”, dodici volte dodici moltiplicato per mille, un
numero simbolico che esprime pienezza. Il regno di Dio non è a numero chiuso,
ma aperto a quanti accettano di purificare i loro peccati nel sangue
dell’Agnello. La santità non è impresa per pochi eroi, ma tutti nella Chiesa
siamo chiamati ad una vita santa, secondo il detto dell’Apostolo: “questa è la
volontà di Dio, la vostra santificazione” (1Ts 4,3). Tutti i fedeli di
qualsiasi stato e grado sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla
perfezione della carità, “la pienezza dell’amore” (preghiera dopo la
comunione). Ciascuno di noi è chiamato a diventare santo, cioè a realizzare in
pieno la sua vocazione cristiana.
Il
traguardo della santità è per tutti perché tutti siamo stati oggetto dell’amore
di Dio. Infatti la santità è anzitutto un dono che procede dal “Padre, unica
fonte di ogni santità” (preghiera dopo la comunione). San Giovanni, nella
seconda lettura, esalta il grande amore che ci ha dato il Padre fino a poter
essere chiamati figli di Dio. Ecco quindi che il progetto del Padre è che noi
siamo simili all’immagine del Figlio suo Gesù Cristo. La vicenda della santità,
la cui radice è la filiazione divina, comprende per Giovanni due tappe, essendo
progressiva: lo stadio iniziale, realizzato fin dagli inizi della vita
cristiana, e il compimento futuro nella perfetta rassomiglianza col Figlio di
Dio, quando “saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è”.
E’
santo quindi colui che assomiglia al Figlio di Dio. In questo contesto, le
beatitudini proposte dal brano evangelico possono essere lette come il ritratto
perfetto di Gesù Cristo. Egli ha vissuto l’ideale delle beatitudini e in lui
uomo tutte le promesse di Dio si sono realizzate. Non siamo quindi di fronte a
una pura utopia, ma a un programma di vita possibile per ogni discepolo di
Gesù, che ha detto: “Imparate da me…” (Mt 11,29). Dietro ad ogni singola
beatitudine si può cogliere l’identità di Cristo, uomo nuovo, che noi tutti
siamo chiamati a seguire e a imitare.
Un
nuovo interesse per la santità riaffiora nel nostro tempo. Ci si chiede come
poter esprimere una profezia che parli attraverso l’autenticità della vita. Pur
nella diffusa scristianizzazione, c’è una sete ardente di spiritualità. Per noi
cristiani la santità è una condizione di esistenza che deriva dal rapporto con
Dio, anzi è dono di Dio che ci accoglie come figli nel Figlio.
L’Eucaristia
è la prefigurazione e l’anticipo del festoso banchetto del cielo. Essa è quindi
anche un viatico cioè una provvista da viaggio. E’ come il pane che fortificò
Elia lungo il sentiero del deserto verso
il monte di Dio.