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domenica 26 dicembre 2021

“PER EVANGELICA DICTA DELEANTUR NOSTRA DELICTA”

 





 

Terminata la lettura del Vangelo, il sacerdote acclama “Verbum Domini” (Parola del Signore), e bacia il libro dicendo sottovoce: “Per evangelica dicta deleantur nostra delicta” (La parola del Vangelo cancelli i nostri peccati). Formule simili accompagnano fin dall’anno mille circa il bacio del Vangelo. Alla acclamazione iniziale il popolo risponde: “Laus tibi, Christe” (Lode a te, o Cristo). Sarebbe da augurarsi che anche le parole sottovoce che accompagnano il bacio del libro alla fine della lettura evangelica fossero pronunciate da tutti i partecipanti, si tratta infatti di una formula al plurale che esprime in forma di preghiera ciò che afferma l’Introduzione al Lezionario della Messa, al n. 4: “Nella Parola di Dio è presente il Cristo, che attuando il suo mistero di salvezza, santifica gli uomini e rende al Padre un culto perfetto”.

Nel secolo scorso, in particolare dopo la celebrazione del Concilio Vaticano II, dagli anni ’70 in poi, sono stati diversi gli autori che hanno approfondito e messo in rilievo la dimensione sacramentale della Parola di Dio. Recentemente, ho presentato in questo blog l’importante studio di A. Bozzolo e M. Pavan (Sacramentalità della Parola, Queriniana 2020), che fa la sintesi di questo lungo cammino di approfondimento della dimensione sacramentale della Parola. Ciononostante, possiamo affermare che permane ancora in alcune riflessioni teologiche e nella pastorale, particolarmente in alcune omelie, una certa dicotomia tra sacramento e Parola, cioè la concezione che il sacramento dona la grazia mentre la Parola biblica propone la dottrina, che il sacramento è efficace mentre la Parola può solo preparare il sacramento oltre che insegnare. Ma se la parola di Dio non è vissuta nell'economia sacramentale fino a essere accolta come realtà sacramentale, come trasmissione di potenza spirituale e di grazia – e non solo come comunicazione di verità, di precetto e di dottrina –, rischia di restare sempre parola su Dio, configurandosi soltanto come un preludio alla celebrazione del sacramento.

La Parola va proclamata, celebrata, ascoltata e vissuta. Ognuno di questi momenti è importante affinché essa “abbia un intrinseco riferimento alla persona di Cristo e alla modalità sacramentale della sua permanenza” (cf. Benedetto XVI, Sacramentum caritatis 45). La nota affermazione di Agostino: “Accedit verbum ad elementum et fit sacramentum” invita a sfruttare ogni elemento rituale che accompagna la proclamazione della Parola. La forma dell’atto celebrativo non è meramente un rivestimento esteriore del sacramento, ma la modalità storica della sua attuazione.