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sabato 25 dicembre 2021

DOMENICA DOPO NATALE: SANTA FAMIGLIA DI GESU’ MARIA E GIUSEPPE (C) 26 Dicembre 2021

 


 

 

1Sam 1,20-22.24-28; Sal 83; 1Gv 3,1-2.21-24; Lc 2,41-52

 

Tutte e tre le letture bibliche odierne parlano della nascita dell’uomo all’interno della famiglia, ma tutte e tre affermano che il bambino è più grande della famiglia in cui nasce. Ciò la prima lettura lo dice di Samuele, il vangelo lo afferma di Gesù, e la seconda lettura lo applica ad ogni uomo, ad ogni battezzato, vero figlio di Dio. Il destino dell’uomo che viene a questo mondo è un destino che sovrasta i limiti della famiglia in cui nasce perché la dimensione ultima della sua vita trascende le realtà di questo mondo. Questo vale anzitutto per Gesù.

 

Il vangelo ci racconta che Maria e Giuseppe si recano a Gerusalemme per la ricorrenza della Pasqua ebraica. Gesù, ormai dodicenne, accompagna i suoi genitori in questo pio pellegrinaggio. Ed ecco che al ritorno il bambino rimane a Gerusalemme senza che i genitori se ne accorgano. Dopo tre giorni di angosciose ricerche, nel ritrovarlo seduto in mezzo ai dottori nel tempio, Maria non può far a meno di rimproverare affettuosamente suo figlio, come farebbe ogni mamma: “perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo”. Gesù risponde: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”. E’ la prima autorivelazione del suo destino. Il brano evangelico aggiunge che Maria e Giuseppe non compresero queste parole. Dice però che Maria “custodiva tutte queste cose nel suo cuore”. La breve parentesi dell’autorivelazione di Gesù nel tempio di Gerusalemme prelude a quella della sua pasqua di morte e risurrezione. I tre giorni di angosciosa ricerca da parte di Maria e Giuseppe anticipano i tre giorni del suo dramma finale.

 

L’odierna festa della Sacra Famiglia ci invita a riflettere sul mistero del figlio, d’ogni figlio, d’ogni uomo. “Eredità del Signore sono i figli” (Sal 127,3a). Perciò su ogni uomo che viene a questo mondo, Dio ha un suo progetto. La persona è chiamata ad uscire dall’ambito della famiglia e trovare nella obbedienza a Dio la dimensione ultima della sua vita al di là di ogni tentazione di possesso personale dei propri genitori. Gesù affermerà più volte di avere Dio per Padre (cf. Lc 10,22; 22,29; Gv 20,17) rivendicando per sé un rapporto che oltrepassa quello paterno e anche quello materno. Le ultime parole del vangelo d’oggi ci fanno capire però che il progetto di Dio su di noi si realizza attraverso il passaggio di crescita e di maturazione in seno alla famiglia: “Scese, dunque, con loro e venne a Nazaret e stava loro sottomesso…” Gesù vive e cresce in una famiglia dove Maria e Giuseppe offrono l’insegnamento della loro saggezza rimanendo sempre aperti al progetto di Dio sul loro figlio. La famiglia in cui la persona umana nasce e cresce è essenziale; ma la persona dovrà uscire dall’ambito familiare e trovare nell’obbedienza a Dio la dimensione ultima della sua vita. La famiglia svolge il proprio compito quando non ostacola, ma si pone al servizio del pieno sviluppo umano e spirituale della persona.

 

Oggi si è passati dalla famiglia con un “ruolo normativo” in cui si trasmettevano principi morali e norme sociali, alla famiglia “affettiva” orientata a soddisfare i bisogni individuali dei figli, a evitargli sofferenze e frustrazioni. Stiamo assistendo ad un’educazione in cui lo stile affettivo tende a predominare su quello normativo al punto di metterlo in secondo piano.


Sarebbe esagerato ed anacronistico rimpiangere la figura autoritaria dei genitori che impartivano divieti ed obblighi, così come risulterebbe eccessivo da parte della famiglia considerare come primario l’aspetto affettivo e delegare alla scuola il compito di insegnare le regole. Una fede matura e vissuta coerentemente può essere il modo più adatto di trasmettere ai figli quei valori che presto o tardi li aiuteranno a crearsi una visione adeguata e cristiana della vita.