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venerdì 31 maggio 2024

SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO (B) – 2 Giugno 2024

 




 

Es 24,3-8; Sal 115; Eb 9,11-15; Mc 14,12-16.22-26

 

 

Le tre letture odierne ci invitano a riflettere sul significato dell’Eucaristia come sacrificio della nuova ed eterna alleanza tra Dio e gli uomini. Dio, nel sangue di Cristo suo Figlio ha stretto con noi una nuova alleanza che dà compimento a quella antica stipulata con Israele con la mediazione di Mosè.

 

Il brano del libro dell’Esodo racconta la celebrazione dell’alleanza tra Dio e il popolo d’Israele ai piedi del monte Sinai, dopo la proclamazione del decalogo, la Carta costituzionale del popolo di Dio. La celebrazione si conclude con la solenne promessa del popolo: “Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto”. Allora Mosè prende il sangue degli animali sacrificati - di cui una metà era stata versata sull’altare - e ne asperge il popolo dicendo: “Ecco il sangue dell’alleanza, che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!”. Il rito del sangue, considerato sede e veicolo della vita, esprime il rapporto vitale del popolo che accoglie le parole del Signore e si impegna ad attuarle.

 

La seconda lettura ci ricorda che il Signore Gesù è diventato l’unico sacerdote e mediatore della nuova alleanza “non mediante il sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del proprio sangue”. A questo punto diventa possibile comprendere il testo evangelico che riporta il racconto dell’ultima cena. Quando Gesù offre ai suoi discepoli il calice e dice: “Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti”, non c’è dubbio che intende riferirsi al sangue nel quale era stata stipulata l’alleanza sinaitica. Il sangue che Gesù versa sulla croce ed offre nell’Eucaristia è il sangue della nuova alleanza. Gesù con il suo sacrificio realizza contemporaneamente le due dimensioni dell’alleanza: l’impegno di Dio verso l’uomo, verso noi e l’obbedienza dell’uomo, di noi verso Dio. La nuova alleanza con Dio, sigillata col sangue di Cristo, si perpetua nei secoli nella misura in cui noi, nutriti con il pane e il vino dell’Eucaristia, siamo capaci di riprodurre in noi lo stile oblativo della vita di Cristo attraverso l’obbedienza alla sua parola e attraverso il dono di noi stessi nell’amore verso i fratelli.

 

Notiamo che il sangue della nuova alleanza viene versato “per molti”, espressione che nel parlare semitico non si oppone a tutti, ma può significare “per tutti che sono molti”, cioè per tutti gli uomini e donne senza distinzione. Tutti coloro che partecipiamo di questo patto siamo anche uniti tra noi, chiamati tutti a formare l’unico popolo di Dio. L’orizzonte si allarga quindi oltre il gruppo dei discepoli. Essi, nella prospettiva di Gesù, costituiscono il nucleo di una comunità che potenzialmente abbraccia tutti gli esseri umani. Nel pane e nel vino dell’eucaristia si prolunga l’efficacia salvifica della morte di Gesù che rende possibile un nuovo rapporto degli uomini tra loro e con Dio.

 


giovedì 30 maggio 2024

ALLE RADICI DEL “CORPUS”

 



La festa del SS. Corpo e Sangue di Cristo è stata istituita da Urbano IV con la bolla Transiturus dell’8 settembre 1264. Nei primi tempi, la festa ebbe diverse denominazioni. Nel Messale Romano del 1570 fu chiamata “Festa del Corpo di Cristo”. Con la riforma del Vaticano II, la festa ha una denominazione più completa, fa menzione non solo del Corpo, ma anche del Sangue di Cristo. È da notare che il testo della bolla del 1264 si concentra su due aspetti della eucaristia che la recezione della festa ha gradualmente emarginato: da un lato il carattere di “memoriale” e dall’altro la sua natura di “banchetto”, di “pasto” e di “bevanda”. La storia del cattolicesimo ha per così dire “risignificato la festa”, traducendola in una festa della “adorazione della presenza reale” e di “solenne esposizione pubblica del sacramento”: ma questo tema è del tutto assente dal testo istitutivo, al cui centro sta invece il memoriale della storia della salvezza e la celebrazione della cena, con la partecipazione all’unico pane e all’unico calice. Giovanni Paolo II nella Lettera apostolica Mane nobiscum Domine, del 7 ottobre del 2004 afferma che “è importante che nessuna dimensione di questo sacramento venga trascurata” (n. 14), e al tempo stesso propone la scansione: “celebrare, adorare, contemplare”.

 

domenica 26 maggio 2024

MARIA NELLA LITURGIA

 



 

Corrado Maggioni, Maria nel Mistero di Cristo celebrato dalla Chiesa (Sapientia ineffabilis 38), If Press, Roma 2024. 361 pp. (€ 20,00).

 

L’intento del volume è di offrire un contributo allo studio del binomio Maria e liturgia, indicando sia un metodo di euristica e di analisi dei dati, sia una tipologia di ermeneutica che approdi a una teologia liturgico-mariana.

 

Prima parte: Il rinnovamento conciliare.

Capitolo I: Il Concilio vaticano II: “Sacrosanctum Concilium” e “Lumen gentium”.

Capitolo II: La riforma liturgica: I libri liturgici odierni.

Capitolo III: La venerazione liturgico-mariana: La “Marialis cultus” di Paolo VI.

Capitolo IV: In onore della Vergine Maria: La “Collectio Missarum de beata Maria Virgine”.

Capitolo V: La preghiera mariana non liturgica: Il “Direttorio su pietà popolare e liturgia”.

Seconda parte: Approfondimenti.

Capitolo VI: Maria nell’ordinamento delle letture delle messe: Tradizione e progresso nel “Missale Romanum”.

Capitolo VII: Annunciazione e Liturgia: Approccio ermeneutico alle liturgie occidentali.

Capitolo VIII: Immacolata Concezione e Liturgia: Dalla festa della Concezione di sant’Anna alla solennità dell’Immacolata.

Capitolo IX: Maria e bellezza: La “Tota pulcra” nell’esperienza liturgico-celebrativa.

Capitolo X: Il dolore di Maria: Tra liturgia e pietà popolare.

 

venerdì 24 maggio 2024

SANTISSIMA TRINITA’ (B) – 26 Maggio 2024

 



 

 

Dt 4,32-34.39-40; Sal 32; Rm 8,14-17; Mt 28,16-20

 

 

La celebrazione della solennità della Santissima Trinità alla fine dell’itinerario che abbiamo percorso da Natale al Calvario e dalla Tomba vuota alla venuta dello Spirito è un invito a contemplare le radici di tutto quanto abbiamo commemorato nel decorso dell’anno liturgico. Si tratta di una storia di salvezza il cui protagonista è Dio Uno e Trino. Alla luce del mistero trinitario tutto acquista il suo senso. Tutto discende dal Padre, per Gesù Cristo, suo Figlio fatto uomo, grazie all’azione dello Spirito Santo e alla sua presenza nei nostri cuori. Tutto risale al Padre per il suo Figlio, nello Spirito. E’ questo il doppio movimento, discendente e ascendente, del mistero della salvezza.

 

Noi sappiamo qualcosa di Dio perché egli si è manifestato nella storia come creatore e salvatore. Le letture bibliche di questa celebrazione ci invitano ad approfondire, in una prospettiva di fede, i modi in cui Dio si rivela e si fa presente nella storia della salvezza e nella nostra vita di ogni giorno. La prima lettura propone un brano del discorso tenuto da Mosè al popolo d’Israele uscito dall’Egitto e vicino ormai alle soglie della terra promessa. Mosè invita i suoi ascoltatori a prendere coscienza della benevola vicinanza che Dio ha mostrato con loro. Egli è il Santo al quale l’essere umano non può accostarsi. Eppure, ha parlato ai figli di Israele ed essi hanno udito la sua voce e sono rimasti vivi. Poi Mosè trae la conseguenza di tutto ciò: la fedeltà a Dio unico Signore è la garanzia della libertà e della felicità. Questa pagina della Scrittura ricorda ciò che non bisogna mai dimenticare: Dio non si dimostra, si mostra. Nel Nuovo Testamento segno di questa presenza di Dio è Gesù, il quale ci rassicura nel brano evangelico d’oggi: “io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.

 

Dio non è il gendarme della nostra vita, ma il Padre che attraverso il suo Spirito ci rende sempre più figli ed eredi sul modello di suo Figlio unigenito Gesù. Nella seconda lettura, l’apostolo Paolo ci esorta ad aprire il nostro cuore a questo Spirito. Trasformati dall’amore dello Spirito, i nostri rapporti devono essere filiali verso il Padre e fraterni verso il Cristo.

 

Nel brano evangelico, Gesù ci invita a passare dalla comunione interpersonale con Dio alla testimonianza di questa esperienza. Infatti, congedandosi degli apostoli, Gesù afferma solennemente: “A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che ci ho comandato”. 

 

Alla luce del mistero trinitario, Dio ci si manifesta come un Dio che esce da se stesso, ama il mondo e l’uomo; si comunica e dialoga con lui. Un Dio quindi vicino, che viene al nostro incontro per mezzo di suo Figlio. Un Dio che addirittura ci fa partecipi della sua vita. Un Dio di cui possiamo ben dire: “grande è il suo amore per noi” (antifona d’ingresso).

domenica 19 maggio 2024

LA CIRCONCISIONE AL 1 GENNAIO

 



Il tema della Circoncisione al 1° gennaio, nella liturgia romana compare molto tardi e solo è menzionata estrinsecamente. Compare addirittura solo con il Messale di Pio V, che in questo giorno così titola: In Circumcisione Domini et Octava Nativitatis. Nulla cambia, però, all’interno della celebrazione. L’unico accenno alla circoncisione la si trova nel brano evangelico di Lc 2,21. Quindi, come si può vedere, non possiamo in definitiva parlare del 1° gennaio come festa della Circoncisione, in quanto questo elemento nella liturgia romana è entrato solamente nella titolatura della festa. Sarà proprio questa constatazione a far sì che la Riforma delle Rubriche del 1960 ritornasse alla semplice dicitura di Octava del Natale.

Ben diversa è invece la situazione fuori Roma, dove la troviamo attestata già dai tempi antichi. Tenendo conto di questi fatti, non possiamo ascrivere l’assenza di questo elemento celebrato in Roma a un fatto fortuito e contingente, ma sembra più logico ammettere una precisa volontà di non ospitare nella rosa delle celebrazioni cristiane il ricordo di un rito, quello della circoncisione, sul quale l’apostolo Paolo aveva instaurato un’enorme polemica, per far risplendere l’efficacia salvifica unica della fede in Cristo. Altrimenti il fattore cronologico dell’ottavo giorno avrebbe esercitato il suo influsso anche a Roma, come ha fatto altrove.

 

Fonte: riassunto dell’opera di Giovanni Di Napoli, Solennità di Maria Madre di Dio. Storia e teologia, CIV, Roma 2023, pp.38-39.

venerdì 17 maggio 2024

DOMENICA DI PENTECOSTE (B) – 19 Maggio 2024 Messa del giorno

 


 


 

At 2,1-11; Sal 103 (104); Gal 5,16-25; Gv 15,26-27; 16,12-15

 

La prima lettura narra l’evento di cui facciamo oggi memoria: alla sera della festa ebraica di Pentecoste, cinquanta giorni dopo pasqua, gli apostoli con Maria e gli altri discepoli di Gesù erano raccolti in preghiera nel cenacolo a Gerusalemme. All’improvviso apparve lo Spirito Santo in forma di lingue di fuoco che si posarono su ciascuno di loro. In questo modo si adempiva la promessa che Gesù aveva fatto prima di salire in cielo, di cui parla anche il vangelo d’oggi.

 

Per gli Ebrei la festa della Pentecoste era inizialmente una gioiosa festa contadina chiamata “festa della mietitura” o “festa dei primi frutti”. Si celebrava il cinquantesimo giorno dopo la Pasqua e indicava l’inizio della mietitura del grano. Lo scopo primitivo di questa festa era quindi il ringraziamento a Dio per i frutti della terra. Però col passar delle generazioni, gli Ebrei diedero alla festa un significato nuovo. Nel giorno di Pentecoste s’iniziò a commemorare il dono della Legge di Dio sul Sinai. Gli Ebrei passavano la vigilia della festa leggendo la Legge che Dio stesso aveva consegnato per loro a Mosè.

 

La Pentecoste cristiana ricorda un altro dono, non una legge scritta ma lo Spirito Santo, che è l’amore del Padre e del Figlio. Nel secondo discorso d’addio, riportato dal vangelo d’oggi, Gesù promette agli apostoli l’invio dello “Spirito della verità”, espressione ripetuta ben due volte. “Della verità”, cioè in stretto rapporto con la verità rivelata da Gesù Cristo. Lo Spirito è il dono di comprensione piena di tutta la verità rivelata da Gesù, interpretandola in riferimento agli eventi che man mano accadranno fino alla fine dei tempi. Dice Gesù agli apostoli: “Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità”, ci permetterà cioè di comprendere in profondità le parole e i gesti del Signore.

 

Lo Spirito aiuta ad introdursi sempre più nell’intimo della verità portata da Cristo; e questa penetrazione non si risolve in un puro fatto conoscitivo, ma si attua in un profondo rapporto di vita, quale risultato dell’aver accolto la parola di Cristo come fermento lievitante di tutta la propria esistenza. Lo Spirito, quindi, non è concorrente rispetto al ruolo di Gesù, ma rappresenta il vertice e il compimento della sua missione.

 

Della vita nuova che scaturisce dal dono dello Spirito ci dà una descrizione essenziale san Paolo nella seconda lettura. Tutti noi che abbiamo ricevuto lo Spirito, dobbiamo camminare “secondo lo Spirito”. Lo Spirito è fonte e garanzia di libertà per quelli che si lasciano guidare dal suo impulso interiore. Siccome tutta la volontà di Dio è concentrata nel precetto dell’amore, per quelli che seguono l’impulso interiore dello Spirito non c’è bisogno del controllo esterno della legge, perché ne attuano spontaneamente tutte le esigenze. Perciò abbiamo cantato: “Vieni Santo Spirito, riempi i cuori dei tuoi fedeli e accendi in essi il fuoco del tuo amore” (canto al vangelo). La Pentecoste ebraica ricordava il dono della Legge sul Sinai. La Pentecoste cristiana celebra il dono dello Spirito, che effonde nei nostri cuori l’amore di Dio, la nuova legge interiore che deve guidare la vita del cristiano. Nella Pentecoste cristiana il cenacolo appare come il nuovo Sinai e il dono della Legge, che inaugurò a suo tempo il periodo dell’antica alleanza, è sostituito ora con il dono dello Spirito, che inaugura invece l’era della nuova alleanza.

 

Dio vivifica e rinnova continuamente ogni cosa col soffio dello Spirito Santo. Soltanto la durezza del nostro cuore può rendere ciechi e oscurare questa presenza vivificante dello Spirito.

 

 


domenica 12 maggio 2024

L’ESPERIENZA DEL MISTERO

 



 

Juan Rego (a cura di), “Divina perceptio”. Percezione ed esperienza del mistero di Cristo nella liturgia (Biblioteca di Iniziazione alla Liturgia 11), Edizioni Santa Croce, Roma 2024. 179 pp. (€ 20,00).

 

Randifer E. Boquiren, Divina perceptio: L’incontro divinizzante. Analisi di una preghiera Post Communionem del Missale Romanum.

Juan Rego, La sapienza estetica dei programmi rituali.

Marco Benini, Percezione del Cristo risorto nella sua Parola. Coinvolgimento dei sensi esterni e interni.

Paolo Tomatis, L’Eucaristia e i sensi spirituali: una rilettura del rito in prospettiva estetica.

Vincent Debiais, Nunc est Caro Christi. Voir le corps du Christ en images et en lettres.

Pawel Sambor, Tra percezione e mistagogia dello spazio liturgico.

Elisabetta Scirocco, Spazi, immagini e rituali per l’Eucaristia: La basilica napoletana del Corpo di Cristo (XIV sec.).

Elena Massimi, La musica nella liturgia: Epifania del Mistero. Riflessioni alla luce del “Magistero recente”.

venerdì 10 maggio 2024

ASCENSIONE DEL SIGNORE (B) – 12 Maggio 2024

 


 

 






At 1,1-11; Sal 46; Ef 4,1-13; Mc 16,15-20

 

Il racconto dell’evento dell’ascensione del Signore è affidato alla prima lettura, costituita dai versetti iniziali degli Atti degli Apostoli. Tuttavia, la preoccupazione maggiore dei brani della Scrittura che vengono proposti oggi alla nostra attenzione è di dare indicazioni sul senso del tempo che noi stiamo vivendo tra l’ascensione del Signore e il suo ritorno alla fine dei tempi. Collocando all’inizio degli Atti degli Apostoli, come alla fine del suo Vangelo, un riferimento all’ascensione del Signore, san Luca lascia immediatamente intendere che la missione della Chiesa continua quella di Gesù. Ecco, quindi, che il messaggio dell’ascensione può essere colto secondo due dimensioni complementari: da una parte l’ascensione è il punto di arrivo della vita di Gesù; dall’altra è il punto di partenza della vita della Chiesa. La festa dell’ascensione del Signore è la celebrazione della partenza-assenza di Cristo a beneficio della presenza-responsabilità della Chiesa. Nei brani della Scrittura che ascoltiamo oggi, predomina questa seconda prospettiva. Nella lettura evangelica, il fatto dell’ascensione appare come lo spartiacque tra Gesù e la Chiesa, ma nel tempo stesso come l’evento che fonda la continuità tra le rispettive missioni. La seconda lettura, tratta dalla lettera agli Efesini, dice la stessa cosa quando afferma che Cristo “asceso in alto […] ha distribuito doni agli uomini”, e cioè ha comunicato al mondo quella ricchezza di vita che ha conquistato per sé. Con la fine della sua presenza nel nostro mondo e la sua conseguente glorificazione presso il Padre, Cristo inizia una nuova presenza al mondo tramite la missione e la testimonianza affidate ai suoi discepoli.

 

Se il fatto della piena glorificazione di Cristo apre il nostro cuore alla speranza, la certezza della sua presenza ci dona il coraggio dell’impegno. Non basta stare a guardare verso il cielo, in attesa degli eventi; il comando del Signore ai discepoli è chiaro: “di me sarete testimoni […] fino ai confini della terra”. La speranza cristiana non legittima alcuna fuga dal mondo, dalla storia. Viceversa, è connaturale alla nostra speranza offrire dal di dentro della città terrena una concreta testimonianza della città celeste. Per Cristo l’ascensione è un traguardo raggiunto, per noi ancora un cammino da fare. La vita del Signore è stata un’esistenza pienamente disponibile al servizio degli uomini. È percorrendo la stessa strada di Cristo che noi raggiungeremo lo stesso suo traguardo. È soltanto attraverso la testimonianza di un amore fattivo che possiamo raggiungere la giusta statura e la piena maturità così da essere degni di partecipare all’esaltazione di Cristo alla destra del Padre.

 

Nell’eucaristia la Chiesa pellegrina sulla terra riaccende continuamente la speranza della patria eterna (cf. orazione dopo la comunione).

 

 

domenica 5 maggio 2024

DONNE MINISTRE ORDINATE?




 


Andrea Grillo, L’accesso delle donne al ministero ordinato. Il diaconato femminile come problema sistematico, San Paolo, Cinisello Balsamo 2024. 175 pp. (€ 18,00).

Opera densa, difficile da sintetizzare. Propongo la prima parte delle conclusioni (pp. 163-164):

Come appare evidente dallo sviluppo del percorso di riflessione che abbiamo condotto lungo le pagine di questo volume, di fronte alla Chiesa cattolica sta un passaggio fondamentale, che riguarda non solo la sua antropologia e la sua ecclesiologia, ma anche il modo con cui pensa la tradizione cui appartiene e che non smette di incarnare. La questione dell’ordinazione, nella sua potenziale estensione anche alle donne, solleva contemporaneamente tre livelli di questioni, che fino a oggi hanno ricevuto una risposta insufficiente:

a) In quale misura può essere fondata sulla Scrittura l’esclusione delle donne dal ministero ordinato? È d’avvero corretta e affidabile un’ermeneutica biblica che pensa trovare in una “omissione del Signore” il fondamento per la norma dell’azione della Chiesa?

b) Quanto è stato forte, e continua ad essere forte, il malcelato ideale di custodire la Chiesa come societas inaequalis, ribadendo tutte le classiche differenze e preferenze di autorità, per resistere alle nuove evidenze tardo-moderne della libertà e della eguaglianza, percepite come lesive della differenza di Dio?

c) Fino a che punto la questione della “differenza sessuale”, trasportata sul livello dell’esercizio dell’autorità, ha potuto illudere la Chiesa di restare fedele alla tradizione, portandola a confondere tale tradizione con le forme culturali e sociali premoderne?

 

venerdì 3 maggio 2024

DOMENICA VI DI PASQUA (B) – 5 Maggio 2024

 



 

 

At 10,25-26.34-35.44-48; dal Sal 97; 1Gv 4,7-10; Gv 15,9-17

 

 

Amare ed essere amati è il desiderio più profondo, il bisogno più vitale della persona umana fin dalla più tenera infanzia e in tutte le età della vita. Ma che cos’è l’amore? A questa domanda sono state date molte risposte. Il tema centrale della parola di Dio proclamata in questa domenica è l’amore cristiano, che ha la sua sorgente in Dio. Domenica scorsa abbiamo ricordato le parole di Gesù: “chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto”. Oggi viene chiarito il senso di questo rimanere in Cristo, si tratta di rimanere nel suo amore. Nella seconda lettura, san Giovanni afferma che “Dio è amore”. Nell’amore sta racchiusa tutta l’essenza della vita divina che circola nella Trinità. In Dio l’amore non è solo un aspetto tra altri, ma coincide con il suo stesso essere: Dio è relazione, rapporto, comunicazione, insomma amore. Infatti, san Giovanni afferma che l’amore di Dio si manifesta nel fatto che egli ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo, “perché noi avessimo la vita per mezzo di lui”. L’ampiezza dell’amore di Dio si manifesta quindi nel mistero pasquale di morte e risurrezione. La pasqua di Gesù è il segno più evidente della serietà del suo amore, perché come ci ricorda egli stesso nel brano evangelico, “nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici”. La discesa dello Spirito Santo sul pagano Cornelio ed i suoi familiari, di cui parla la prima lettura, fa capire a Pietro e alla prima comunità cristiana che l’amore salvifico di Dio non conosce barriere: Dio “accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga”. La morte di Cristo sulla croce è donata da Dio a tutti gli uomini, senza distinzione: “per noi uomini e per la nostra salvezza…”, recitiamo nel Credo.

 

Come si fa a rimanere nell’amore di Cristo? Lo spiega Egli stesso: “Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore”. I comandamenti di Cristo si riassumono nel comandamento dell’amore: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri”. San Giovanni, che ci tramanda queste bellissime parole del Signore, ha scoperto il vero volto di Dio nell’impegno di Cristo per l’uomo. Arriveremo a capire chi sia Dio e ad entrare in comunione con lui non tanto attraverso sapienti discorsi su Dio, quanto piuttosto attraverso la nostra concreta testimonianza di amore e di dedizione agli altri (cf. orazione colletta). Amare è entrare nella vita dell’altro per camminare con lui e condividere qualcosa di nuovo e di grande.

 

L’eucaristia è mistero d’amore anzitutto nel suo essere sacramento della Pasqua del Signore: essa è la memoria efficace dell’atto d’amore compiuto dal Padre, che ha tanto amato gli uomini da consegnare il suo Figlio per la loro salvezza. Perciò la celebrazione eucaristica è il centro della vita cristiana, fonte di nutrimento, ritrovo tra fratelli e sorelle, che amano lo stesso Padre, di cui siamo chiamati a comunicare l’incredibile e immenso amore.