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venerdì 17 maggio 2024

DOMENICA DI PENTECOSTE (B) – 19 Maggio 2024 Messa del giorno

 


 


 

At 2,1-11; Sal 103 (104); Gal 5,16-25; Gv 15,26-27; 16,12-15

 

La prima lettura narra l’evento di cui facciamo oggi memoria: alla sera della festa ebraica di Pentecoste, cinquanta giorni dopo pasqua, gli apostoli con Maria e gli altri discepoli di Gesù erano raccolti in preghiera nel cenacolo a Gerusalemme. All’improvviso apparve lo Spirito Santo in forma di lingue di fuoco che si posarono su ciascuno di loro. In questo modo si adempiva la promessa che Gesù aveva fatto prima di salire in cielo, di cui parla anche il vangelo d’oggi.

 

Per gli Ebrei la festa della Pentecoste era inizialmente una gioiosa festa contadina chiamata “festa della mietitura” o “festa dei primi frutti”. Si celebrava il cinquantesimo giorno dopo la Pasqua e indicava l’inizio della mietitura del grano. Lo scopo primitivo di questa festa era quindi il ringraziamento a Dio per i frutti della terra. Però col passar delle generazioni, gli Ebrei diedero alla festa un significato nuovo. Nel giorno di Pentecoste s’iniziò a commemorare il dono della Legge di Dio sul Sinai. Gli Ebrei passavano la vigilia della festa leggendo la Legge che Dio stesso aveva consegnato per loro a Mosè.

 

La Pentecoste cristiana ricorda un altro dono, non una legge scritta ma lo Spirito Santo, che è l’amore del Padre e del Figlio. Nel secondo discorso d’addio, riportato dal vangelo d’oggi, Gesù promette agli apostoli l’invio dello “Spirito della verità”, espressione ripetuta ben due volte. “Della verità”, cioè in stretto rapporto con la verità rivelata da Gesù Cristo. Lo Spirito è il dono di comprensione piena di tutta la verità rivelata da Gesù, interpretandola in riferimento agli eventi che man mano accadranno fino alla fine dei tempi. Dice Gesù agli apostoli: “Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità”, ci permetterà cioè di comprendere in profondità le parole e i gesti del Signore.

 

Lo Spirito aiuta ad introdursi sempre più nell’intimo della verità portata da Cristo; e questa penetrazione non si risolve in un puro fatto conoscitivo, ma si attua in un profondo rapporto di vita, quale risultato dell’aver accolto la parola di Cristo come fermento lievitante di tutta la propria esistenza. Lo Spirito, quindi, non è concorrente rispetto al ruolo di Gesù, ma rappresenta il vertice e il compimento della sua missione.

 

Della vita nuova che scaturisce dal dono dello Spirito ci dà una descrizione essenziale san Paolo nella seconda lettura. Tutti noi che abbiamo ricevuto lo Spirito, dobbiamo camminare “secondo lo Spirito”. Lo Spirito è fonte e garanzia di libertà per quelli che si lasciano guidare dal suo impulso interiore. Siccome tutta la volontà di Dio è concentrata nel precetto dell’amore, per quelli che seguono l’impulso interiore dello Spirito non c’è bisogno del controllo esterno della legge, perché ne attuano spontaneamente tutte le esigenze. Perciò abbiamo cantato: “Vieni Santo Spirito, riempi i cuori dei tuoi fedeli e accendi in essi il fuoco del tuo amore” (canto al vangelo). La Pentecoste ebraica ricordava il dono della Legge sul Sinai. La Pentecoste cristiana celebra il dono dello Spirito, che effonde nei nostri cuori l’amore di Dio, la nuova legge interiore che deve guidare la vita del cristiano. Nella Pentecoste cristiana il cenacolo appare come il nuovo Sinai e il dono della Legge, che inaugurò a suo tempo il periodo dell’antica alleanza, è sostituito ora con il dono dello Spirito, che inaugura invece l’era della nuova alleanza.

 

Dio vivifica e rinnova continuamente ogni cosa col soffio dello Spirito Santo. Soltanto la durezza del nostro cuore può rendere ciechi e oscurare questa presenza vivificante dello Spirito.

 

 


domenica 12 maggio 2024

L’ESPERIENZA DEL MISTERO

 



 

Juan Rego (a cura di), “Divina perceptio”. Percezione ed esperienza del mistero di Cristo nella liturgia (Biblioteca di Iniziazione alla Liturgia 11), Edizioni Santa Croce, Roma 2024. 179 pp. (€ 20,00).

 

Randifer E. Boquiren, Divina perceptio: L’incontro divinizzante. Analisi di una preghiera Post Communionem del Missale Romanum.

Juan Rego, La sapienza estetica dei programmi rituali.

Marco Benini, Percezione del Cristo risorto nella sua Parola. Coinvolgimento dei sensi esterni e interni.

Paolo Tomatis, L’Eucaristia e i sensi spirituali: una rilettura del rito in prospettiva estetica.

Vincent Debiais, Nunc est Caro Christi. Voir le corps du Christ en images et en lettres.

Pawel Sambor, Tra percezione e mistagogia dello spazio liturgico.

Elisabetta Scirocco, Spazi, immagini e rituali per l’Eucaristia: La basilica napoletana del Corpo di Cristo (XIV sec.).

Elena Massimi, La musica nella liturgia: Epifania del Mistero. Riflessioni alla luce del “Magistero recente”.

venerdì 10 maggio 2024

ASCENSIONE DEL SIGNORE (B) – 12 Maggio 2024

 


 

 






At 1,1-11; Sal 46; Ef 4,1-13; Mc 16,15-20

 

Il racconto dell’evento dell’ascensione del Signore è affidato alla prima lettura, costituita dai versetti iniziali degli Atti degli Apostoli. Tuttavia, la preoccupazione maggiore dei brani della Scrittura che vengono proposti oggi alla nostra attenzione è di dare indicazioni sul senso del tempo che noi stiamo vivendo tra l’ascensione del Signore e il suo ritorno alla fine dei tempi. Collocando all’inizio degli Atti degli Apostoli, come alla fine del suo Vangelo, un riferimento all’ascensione del Signore, san Luca lascia immediatamente intendere che la missione della Chiesa continua quella di Gesù. Ecco, quindi, che il messaggio dell’ascensione può essere colto secondo due dimensioni complementari: da una parte l’ascensione è il punto di arrivo della vita di Gesù; dall’altra è il punto di partenza della vita della Chiesa. La festa dell’ascensione del Signore è la celebrazione della partenza-assenza di Cristo a beneficio della presenza-responsabilità della Chiesa. Nei brani della Scrittura che ascoltiamo oggi, predomina questa seconda prospettiva. Nella lettura evangelica, il fatto dell’ascensione appare come lo spartiacque tra Gesù e la Chiesa, ma nel tempo stesso come l’evento che fonda la continuità tra le rispettive missioni. La seconda lettura, tratta dalla lettera agli Efesini, dice la stessa cosa quando afferma che Cristo “asceso in alto […] ha distribuito doni agli uomini”, e cioè ha comunicato al mondo quella ricchezza di vita che ha conquistato per sé. Con la fine della sua presenza nel nostro mondo e la sua conseguente glorificazione presso il Padre, Cristo inizia una nuova presenza al mondo tramite la missione e la testimonianza affidate ai suoi discepoli.

 

Se il fatto della piena glorificazione di Cristo apre il nostro cuore alla speranza, la certezza della sua presenza ci dona il coraggio dell’impegno. Non basta stare a guardare verso il cielo, in attesa degli eventi; il comando del Signore ai discepoli è chiaro: “di me sarete testimoni […] fino ai confini della terra”. La speranza cristiana non legittima alcuna fuga dal mondo, dalla storia. Viceversa, è connaturale alla nostra speranza offrire dal di dentro della città terrena una concreta testimonianza della città celeste. Per Cristo l’ascensione è un traguardo raggiunto, per noi ancora un cammino da fare. La vita del Signore è stata un’esistenza pienamente disponibile al servizio degli uomini. È percorrendo la stessa strada di Cristo che noi raggiungeremo lo stesso suo traguardo. È soltanto attraverso la testimonianza di un amore fattivo che possiamo raggiungere la giusta statura e la piena maturità così da essere degni di partecipare all’esaltazione di Cristo alla destra del Padre.

 

Nell’eucaristia la Chiesa pellegrina sulla terra riaccende continuamente la speranza della patria eterna (cf. orazione dopo la comunione).

 

 

domenica 5 maggio 2024

DONNE MINISTRE ORDINATE?




 


Andrea Grillo, L’accesso delle donne al ministero ordinato. Il diaconato femminile come problema sistematico, San Paolo, Cinisello Balsamo 2024. 175 pp. (€ 18,00).

Opera densa, difficile da sintetizzare. Propongo la prima parte delle conclusioni (pp. 163-164):

Come appare evidente dallo sviluppo del percorso di riflessione che abbiamo condotto lungo le pagine di questo volume, di fronte alla Chiesa cattolica sta un passaggio fondamentale, che riguarda non solo la sua antropologia e la sua ecclesiologia, ma anche il modo con cui pensa la tradizione cui appartiene e che non smette di incarnare. La questione dell’ordinazione, nella sua potenziale estensione anche alle donne, solleva contemporaneamente tre livelli di questioni, che fino a oggi hanno ricevuto una risposta insufficiente:

a) In quale misura può essere fondata sulla Scrittura l’esclusione delle donne dal ministero ordinato? È d’avvero corretta e affidabile un’ermeneutica biblica che pensa trovare in una “omissione del Signore” il fondamento per la norma dell’azione della Chiesa?

b) Quanto è stato forte, e continua ad essere forte, il malcelato ideale di custodire la Chiesa come societas inaequalis, ribadendo tutte le classiche differenze e preferenze di autorità, per resistere alle nuove evidenze tardo-moderne della libertà e della eguaglianza, percepite come lesive della differenza di Dio?

c) Fino a che punto la questione della “differenza sessuale”, trasportata sul livello dell’esercizio dell’autorità, ha potuto illudere la Chiesa di restare fedele alla tradizione, portandola a confondere tale tradizione con le forme culturali e sociali premoderne?

 

venerdì 3 maggio 2024

DOMENICA VI DI PASQUA (B) – 5 Maggio 2024

 



 

 

At 10,25-26.34-35.44-48; dal Sal 97; 1Gv 4,7-10; Gv 15,9-17

 

 

Amare ed essere amati è il desiderio più profondo, il bisogno più vitale della persona umana fin dalla più tenera infanzia e in tutte le età della vita. Ma che cos’è l’amore? A questa domanda sono state date molte risposte. Il tema centrale della parola di Dio proclamata in questa domenica è l’amore cristiano, che ha la sua sorgente in Dio. Domenica scorsa abbiamo ricordato le parole di Gesù: “chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto”. Oggi viene chiarito il senso di questo rimanere in Cristo, si tratta di rimanere nel suo amore. Nella seconda lettura, san Giovanni afferma che “Dio è amore”. Nell’amore sta racchiusa tutta l’essenza della vita divina che circola nella Trinità. In Dio l’amore non è solo un aspetto tra altri, ma coincide con il suo stesso essere: Dio è relazione, rapporto, comunicazione, insomma amore. Infatti, san Giovanni afferma che l’amore di Dio si manifesta nel fatto che egli ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo, “perché noi avessimo la vita per mezzo di lui”. L’ampiezza dell’amore di Dio si manifesta quindi nel mistero pasquale di morte e risurrezione. La pasqua di Gesù è il segno più evidente della serietà del suo amore, perché come ci ricorda egli stesso nel brano evangelico, “nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici”. La discesa dello Spirito Santo sul pagano Cornelio ed i suoi familiari, di cui parla la prima lettura, fa capire a Pietro e alla prima comunità cristiana che l’amore salvifico di Dio non conosce barriere: Dio “accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga”. La morte di Cristo sulla croce è donata da Dio a tutti gli uomini, senza distinzione: “per noi uomini e per la nostra salvezza…”, recitiamo nel Credo.

 

Come si fa a rimanere nell’amore di Cristo? Lo spiega Egli stesso: “Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore”. I comandamenti di Cristo si riassumono nel comandamento dell’amore: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri”. San Giovanni, che ci tramanda queste bellissime parole del Signore, ha scoperto il vero volto di Dio nell’impegno di Cristo per l’uomo. Arriveremo a capire chi sia Dio e ad entrare in comunione con lui non tanto attraverso sapienti discorsi su Dio, quanto piuttosto attraverso la nostra concreta testimonianza di amore e di dedizione agli altri (cf. orazione colletta). Amare è entrare nella vita dell’altro per camminare con lui e condividere qualcosa di nuovo e di grande.

 

L’eucaristia è mistero d’amore anzitutto nel suo essere sacramento della Pasqua del Signore: essa è la memoria efficace dell’atto d’amore compiuto dal Padre, che ha tanto amato gli uomini da consegnare il suo Figlio per la loro salvezza. Perciò la celebrazione eucaristica è il centro della vita cristiana, fonte di nutrimento, ritrovo tra fratelli e sorelle, che amano lo stesso Padre, di cui siamo chiamati a comunicare l’incredibile e immenso amore.