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domenica 12 aprile 2020

UNA CORRETTA INTERPRETAZIONE DELLA SCRITTURA




La Bibbia rivela strutturalmente una duplicità: da un lato essa è comunicazione divina, trascendente e quindi destinata a rivestire un valore assoluto e permanente; d’altro lato, però, si presenta in una espressione umana, secondo un linguaggio, generi letterari ed esperienze storiche profondamente connessi ad autori legati al tempo e allo spazio.

Ecco, allora, la necessità di codificare regole per una corretta interpretazione della Scrittura che salvaguardi quella duplicità, la quale non è solo compatta nel testo sacro ma è anche fondamentale per la stessa realtà della rivelazione biblica che è analoga all’Incarnazione. Infatti come il Verbo, Parola eterna e perfetta di Dio, si fa carne in Gesù, secondo l’asserto del vangelo di Giovanni (Gv 1,3.14), così anche la Bibbia è Parola divina, “che permane in eterno”, incarnata in parole ed eventi umani che sono storici e contingenti.
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La moderna ermeneutica ricorre a una strumentazione sofisticata elaborata col contributo delle discipline filosofiche, storico-critiche, linguistiche e teologiche. Essa, comunque, dà rilievo ad un duplice movimento. Da un lato, opera un percorso centripeto, risalendo alle radici del testo per una sua piena comprensione. D’altro lato, però, una sorta di movimento centrifugo, riporta il testo all’orizzonte del lettore odierno, così da ritrascriverne e far rivivere in pienezza il messaggio originario secondo le nuove coordinate storico-culturali e, per il credente, secondo le istanze esistenziali della sua fede.

Fonte: Gianfranco Ravasi, La santa violenza (Intersezioni 530), il Mulino, Bologna 2019, pp. 122-125,