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domenica 23 luglio 2023

LA PRESIDENZA DELL’EUCARISTIA

 



In questi ultimi anni sono apparsi una serie di libri e di studi in diverse riviste sullo sviluppo sinodale della Chiesa promosso da papa Francesco. Mi è capitato tra le mani uno di questi libri a cura di Hervé Legrand e Michel Camdessus: Una Chiesa trasformata dal Popolo. Alcune proposte alla luce di “Fratelli tutti” (Presentazione di Andrea Grillo), Paoline, Milano 2021. Si tratta di una serie di contributi di diverse personalità che appartengono al mondo della politica e della impresa, dell’amministrazione della giustizia e della psicologia, dell’assistenza sociale e della ornitologia, del diritto internazionale e della terapia familiare. Tra di essi vi è un solo teologo H. Legrand, prete domenicano francese, che ha avuto un ruolo di coordinamento e di consulenza, oltre che di stesura della seconda parte del volume.

Riproduco in seguito quanto H. Legrand scrive su “Presidenza della Chiesa locale e presidenza della sua eucaristia”:

Una frase della commissione teologica centrale del Vaticano II chiarisce bene la questione. “Nella Chiesa primitiva i sacerdoti presiedevano l'eucaristia perché presiedevano la Chiesa”. In questo modo si deve comprendere che i ministri vengono ordinati anzitutto per essere a capo di una comunità cristiana: hanno l'incarico di presiederla, (cosa che implica la cura dei legami con le altre comunità) e di vegliare in primo luogo sulla corretta trasmissione del Vangelo; ricevono anche per questa stessa ragione il compito di presiedere la preghiera della Chiesa. La loro qualità sacerdotale non è la condizione della loro presidenza, è piuttosto la loro presidenza sulla vita della Chiesa a implicare il loro ruolo liturgico, senza che questo ruolo rituale, malgrado il vocabolario sacerdotale che lo definisce, richieda un sacerdozio diverso per essenza da quello degli altri cristiani che celebrano in comunità.

La lettura attenta dei principali testi anteriori al IV secolo, che si occupano della celebrazione eucaristica, conduce a questa conclusione. Li abbiamo studiato altrove.

La Apologia di Giustino martire (verso il 150) parla di presidenti dell'eucaristia, senza connotazioni sacerdotali. Tertulliano (verso il 230) in un'opera del suo periodo cattolico, afferma che, sebbene solo in caso di necessità, i laici possono celebrare, contestando perciò che sia richiesto un sacerdozio specifico: “Là dove non vi è un corpo di ministri ordinati, tu, come laico, celebri l'eucaristia e battezzi e sei prete per te stesso, poiché là dove ci sono due o tre fedeli, vi è una Chiesa, anche se sono tre laici (…) Tu hai la capacità di assumere poteri sacerdotali in caso di necessità”. Questa affermazione, benché insolita, rivela l'equilibrio degli antichi (pp. 135-136. Non ho riportato le note).