La profondità spirituale dell’azione
liturgica si manifesta nelle azioni che comportano nell’uomo delle interazioni
tra sé, gli altri e l’Altro. Ogni azione immette in una relazione per la quale
non sarà mai sufficiente il semplice conoscere, ma per la quale diviene
essenziale il continuare a riconoscere Dio presente in quelle forme rituali. Le
idee su Dio non hanno mai compiuto né soddisfatto il bisogno religioso degli uomini
mentre la ritualità nel suo dato formale può essere la sorgente spirituale con
la quale la Chiesa si sente raggiunta dalla misericordia del Padre. Non è
sufficiente per i credenti sapere che Dio esiste, ma è necessario vivere l’esperienza
della relazione con Dio per non ridurre la religione a una filosofia. In tal
modo, grazie alla sua forma, la liturgia si svincola dal pensiero sulla
religione e realizza, in moco monista e non riduzionista, la relazione tra l’umanità
e il suo Signore. Dio, che nella Trinità trova la sua sostanza nella relazione,
nel Figlio ha comunicato non parti di sé, ma se stesso attraverso pasti e
sguardi, e inoltre ha toccato, mangiato, camminato e parlato (cfr. Gaudium
et spes, n. 22). La forma è ciò che dà origine al contenuto e l’azione è
ciò che dà fondamento alla relazione, solo l’azione unisce l’interiorità e l’esteriorità.
Fonte: Sebastiano Bertin, Actio. L’azione rituale crocevia tra Dio e l’uomo, Edizioni Liturgiche – Roma, Abbazia di Santa Giustina – Padova, 2024, p. 462