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domenica 13 ottobre 2019

IL LINGUAGGIO LITURGICO




Il linguaggio liturgico è codificato e disciplinato dai libri liturgici, sottratto cioè al sentire del momento e della moda mutevole. Tuttavia non è asettico né anonimo. E’ come uno spartito di musica, preciso in ogni nota scritta, che deve essere “interpretato” ogni volta che viene eseguito dal vivo, sapendo che l’esegesi del mistero celebrato è la vita di chi vi partecipa. E’ pertanto un linguaggio creativo pur essendo “rituale”, ossia ripetitivo, identico a se stesso nelle preghiere, nei gesti, nelle azioni.


Il motivo della codificazione dei contenuti si comprende presto: è un linguaggio che non sorge dalla fantasia umana, quanto dalla divina rivelazione. Preghiere e riti sono infatti ispirati e fondati nella sacra Scrittura, che a sua volta è la codificazione scritta dell’incessante dialogo che Dio intrattiene con l’umanità, di generazione in generazione. L’esigenza sottesa al codificato linguaggio liturgico è sintetizzata nell’assioma lex orandi – lex credendi e viceversa: non esprime infatti l’opinione di qualcuno, ma la fede della Chiesa e la sua autentica comprensione teologica.


Che sia poi un linguaggio disciplinato è conseguenza oggettiva di ciò che rappresenta il linguaggio liturgico. L’agire comunitario comporta naturalmente un ordo su cosa fare, come farlo, chi fa che cosa e quando. Non è un fare tutti la stessa cosa né a proprio modo, ma è un unico corpo armonico a reagire nella complementarietà di funzioni diverse: ciascuno svolge il suo ruolo e tutti partecipano attivamente. Animata dall’inesauribile creatività dello Spirito, la liturgia è, al contempo, disciplinata da norme che la sottraggono al disordine dell’anarchia.




Fonte: Corrado Maggioni, “Linguaggi umani e linguaggio liturgico”, in AA.VV., La liturgia risorsa di umanità. “Per noi uomini e per la nostra salvezza” (Bibliotheca “Ephemerides Liturgicae” – Sectio pastoralis 39), CLV Edizioni Liturgiche, Roma 2019, pp. 96-97.