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domenica 29 marzo 2020

IL "MISERERE"






Sal 51 (50) Salmo di pentimento

1 Al maestro del coro, Salmo. Di Davide. 2 Quando il
profeta Natan andò da lui, che era andato con Betsabea.
3 Pietà di me, o Dio, nel tuo amore; nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità.
4 Lavami tutto dalla mia colpa, dal mio peccato rendimi puro.
5 Sì, le mie iniquità io le riconosco, il mio peccato mi sta sempre dinanzi.
6 Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto: così sei giusto nella tua sentenza, sei retto nel tuo giudizio.
7 Ecco, nella colpa io sono nato, nel peccato mi ha concepito mia madre.
8 Ma tu gradisci la sincerità nel mio intimo, nel segreto del cuore mi insegni la sapienza.
9 Aspergimi con rami d’issòpo e sarò puro; lavami e sarò più bianco della neve.
10 Fammi sentire gioia e letizia: esulteranno le ossa che hai spezzato.
11 Distogli lo sguardo dai miei peccati, cancella tutte le mie colpe.
12 Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo.
13 Non scacciarmi dalla tua presenza e non privarmi dal tuo santo spirito.
14 Rendimi la gioia della tua salvezza, sostienimi con uno spirito generoso.
15 Insegnerò ai ribelli le tue vie e i peccatori a te ritorneranno.
16 Liberami dal sangue, o Dio, Dio mia salvezza: la mia lingua esalterà la tua giustizia.
17 Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode.
18 Tu non gradisci il sacrificio; se offro olocausti, tu non li accetti.
19 Uno spirito contrito è sacrificio a Dio; un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi.
20 Nella tua bontà fa’ grazia a Sion, ricostruisci le mura di Gerusalemme.
21 Allora gradirai i sacrifici legittimi, l’olocausto e l’intera oblazione; allora immoleranno vittime sopra il tuo altare.


Come dice l’inizio del Sal 51 (vv. 1-2), si tratterebbe di una preghiera attribuita a Davide dopo che il profeta Natan lo aveva rimproverato per aver peccato di adulterio e di omicidio (2 Sam 12). Oggi invece molti esegeti attribuiscono la data della composizione del salmo all’epoca dell’esilio o anche dopo l’esilio. Si tratta di un testo che comunque sarebbe ispirato alla vicenda del re Davide. La tradizione cristiana colloca questo salmo tra i sette “salmi penitenziali”, il più noto e più vibrante dei sette salmi penitenziali. Il testo, noto come salmo “Miserere” (per il suo incipit in latino), la Liturgia delle Ore lo propone a noi ogni venerdì dell’anno come primo salmo delle Lodi, e ha come sottotitolo: “Rinnovatevi nello spirito della vostra mente e rivestite l’uomo nuovo” (Ef 4,23-24).

È un salmo di una perfetta unità tematica, quale poteva essere composto da un giudeo formato dai profeti dell’esilio. Nella sua struttura possiamo distinguere due grandi parti: il regno del peccato (vv. 3-11) e il regno della grazia (vv. 12-19). Nei due ultimi versetti (20-21), il salmo termina con una preghiera per la ricostruzione delle mura di Gerusalemme e per la restaurazione del culto divino del tempio. Probabilmente questa supplica finale è stata aggiunta per l’uso liturgico dopo l’esilio. Vi si scorge la volontà di applicare all’intera comunità credente ciò che prima si è detto del singolo. Infatti, con questa supplica Israele chiedeva perdono e grazia nelle sue numerose prevaricazioni.

Facciamo ora una lettura del salmo seguendo lo svolgersi del testo. In una breve invocazione iniziale (vv. 3-4), l’orante si prostra davanti al Dio della grande misericordia perché abbia pietà di lui e lo purifichi dal suo peccato Si invoca la misericordia e la pietà di Dio, due qualità o attributi divini che affondano le loro radici nel patto che Dio stesso aveva fatto con Israele, attributi ch e sono stati citati nella grande dichiarazione con cui Dio si presenta a Mosè in Esodo 34,6 e altrove: “Il Signore Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà”.  Il peccato è quindi un tradimento al patto sancito con Dio.

L’orante riconosce umilmente la sua colpa, conscio di aver peccato davanti a Dio, il cui giudizio nei suoi confronti non può essere che giusto (vv. 5-6). Egli rinuncia autogiustificarsi e riconosce la giustizia di Dio. Con l’espressione iperbolica “contro te, contro te solo ho peccato”, si afferma che il peccato è sempre una offesa a Dio anche quando immediatamente ha per oggetto il prossimo.   

 “Nella colpa io sono nato, nel peccato mi ha concepito mia madre” (v. 7). Alcuni vedono in queste parole una allusione al peccato originale (cf. Rom 5,12ss). Possiamo affermare soltanto che l’autore del salmo tenta di esprimere quell’inclinazione al male che è tipica della condizione umana. Si risale all’origine per indicare quella radicale condizione di peccato che a un certo punto ciascuno di noi scopre in sé. “La Scrittura e la Tradizione della Chiesa richiamano continuamente la presenza e l’universalità del peccato nella storia dell’uomo” (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 401). Ma questa situazione non sprofonda l’orante nella disperazione, perché è vero che l’uomo nasce nel peccato, ma è anche vero che Dio comincia a insegnargli la sapienza fin dal grembo materno: “Ma tu gradisci la sincerità nel mio intimo, nel segreto del cuore mi insegni la sapienza” (v. 8).

Nei vv. 9-11 si torna a invocare il perdono con richieste che riprendono quelle iniziali: cancellare, lavare, purificare (nei vv. 3-4); e ora nei vv. 9,11: purificare, lavare, cancellare. Non si tratta di una semplice ripetizione; l’autore arricchisce queste tre richieste con alcune immagini: il peccato va tolto mediante l’issopo, pianta aromatica a cui, nelle aspersioni sacrificali, si attribuivano poteri purificatori (cf. Es 12,22; Lv 14,6; Nm 19,6). Il biancore della neve ricorda le parole di Isaia nell’oracolo per Giuda e Gerusalemme: “Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve” (Is 1,18). L’orante chiede al Signore: “Fammi sentire gioia e letizia”, coppia di parole molto cara a Geremia (15,16; 16,9; 33,11; 48,33). Si afferma poi che “esulteranno le ossa che hai spezzato” (espressione unica nel Salterio), parole che esprimono una sorta di risurrezione paragonabile alla celebre visione delle ossa aride di Ezechiele 37. Un’altra immagine ancora: “Distogli lo sguardo dai miei peccati”. Con un forte antropomorfismo, il poeta chiede al Signore di allontanare il suo sguardo severo e penetrante da tutti i suoi peccati (cf. Sal 14; 33,13-15). Il volto e lo sguardo di Dio sono considerati nella Bibbia sia fonte di collera e di terrore (cf. Sal 38,2; 90,8), sia fonte di pace e di gioia (cf. Sal 13,2).

Col v. 12 entriamo nella seconda parte del salmo e tocchiamo il centro e il vertice della preghiera. Si chiede a Dio di ri-creare il cuore, cioè il centro della persona, l’intero suo essere, e di ri-crearlo puro. Con la potenza del Signore si può ricominciare, ricevendo da lui in dono uno “spirito saldo”, cioè solido, fermo, affidabile, che sprona a compiere con generosità e non per forza le azioni giuste che il cuore e la mente suggeriscono. E così l’orante riavrà “la gioia della salvezza” (v. 14). Concessa la grazia del perdono, l’orante si impegnerà per far ritornare altri peccatori sulla retta via (v. 15), proclamerà la giustizia e la lode del Signore e offrirà a lui il sacrificio del suo cuore affranto e umiliato, più gradito a Dio dell’olocausto di animali (vv. 16-19). La supplica “liberami dal sangue” (v. 16) potrebbe far riferimento ad un peccato di spargimento di sangue (la morte di Uria?).

Come dicevamo all’inizio, il salmo termina con una preghiera per la ricostruzione delle mura di Gerusalemme e per la restaurazione del culto nel tempio (vv. 20-21). Pare che questa supplica finale sia stata aggiunta per l’uso liturgico dopo l’esilio, quando Israele implorava con questo salmo il perdono dei suoi peccati a Dio.

Il Sal 51, anche se non citato esplicitamente, ha avuto molte risonanze nel Nuovo Testamento, sia sulla bocca di Gesù che degli autori sacri, e la tradizione della Chiesa lo ha commentato e meditato frequentemente. Questo salmo viene recitato tutti i venerdì dell’anno come primo salmo delle Lodi e accompagna la Chiesa nell’esercizio della penitenza, in particolare durante la Quaresima, spronando i cuori a rinnovarsi, e diventando un canto di vera risurrezione spirituale, Perciò più che un testo penitenziale, possiamo dire che il Sal 51 celebra la risurrezione alla nuova vita nello spirito della parabola del figlio prodigo (Lc 15,11-32).


Preghiera: O Dio Trinità, Nome ineffabile di misericordia inesauribile, tu che purifichi dai suoi vizi l’abisso del cuore umano e lo rendi più bianco della neve, rinnova, ti preghiamo, nei nostri cuori il tuo Spirito santo grazie al quale possiamo annunciare la tua lode. Così, fortificati mediante uno spirito retto e sovrano, potremo essere riuniti nelle dimore eterne della Gerusalemme celeste.


Bibliografia: Spirito Rinaudo, I salmi preghiera di Cristo e della Chiesa, Elle Di Ci, Torino-Leumann 1973; Vincenzo Scippa, Salmi, volume 1. Introduzione e commento, Messaggero, Padova 2002; Ludwig Monti, I salmi: preghiera e vita, Qiqajon, Comunità di Bose 2018; Temper Longman III, I salmi. Introduzione e commento, Edizioni GBU, Chieti 2018.