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domenica 24 gennaio 2021

FORMARSI ALLA LITURGIA O ESSERE FORMATI DALLA LITURGIA?

 



Le due prospettive non possono diventare alternative, ma chiedono una integrazione reciproca. Di fatto, dalla prassi pastorale risultano entrambe necessarie, anche se bisognerebbe sempre tener ben presente che è il celebrare secondo la forma rituale e le sue esigenze che “forma” il credente e la comunità dei credenti. Non si può formare alla celebrazione se non facendola sperimentare, facendola vivere dall’interno. Anche perché il rito, e di conseguenza la liturgia, non esiste al di fuori dalla celebrazione celebrata, cioè dalla sua messa in atto – “messa in scena”.

Ma tale processo di “formazione” della comunità può avvenire solo se si è introdotti a questo celebrare, a questa forma di vita che è il rito, se si diventa “competenti” rispetto a ciò che il rito richiede per essere sperimentato. Si tratta infatti di una partecipazione secondo la forma rituale, la quale è composta di sequenze di azioni simboliche da ripetersi, prescritte/ricevute da una tradizione, da un contesto che supera i singoli, frutto di una dinamica intersoggettiva che si estende nel tempo e nello spazio.

 

(Bruno Baratto, “Come educare alle competenze rituali? Una provocazione per le comunità celebranti, nell’oggi e nel qui”, in Roberto Tagliaferri (ed.), Competenza rituale. La “messa in scena” della fede come ars celebrandi, CLV – Edizioni Liturgiche, Roma – Abbazia di Santa Giustina, Padova 2020, 151-183, qui p. 154. Le note non sono riportate).