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domenica 17 dicembre 2023

UNA LITURGIA CHE NON PARLA PIÙ?

 


 


La riforma liturgica di Paolo VI ha compiuto più di 50 anni. Alcuni si domandano se si tratta di una liturgia che non parla più a gran parte dei fedeli (cfr. Franco Garelli in Credere oggi 3, 2023, pp. 9-20). Si afferma che molti sono stanchi della liturgia standard, una liturgia sentita come fredda, astrusa, difficilmente comprensibile, lontanissima dalla sensibilità culturale odierna, con le omelie che sono spesso piatte e noiose, lontane dai problemi quotidiani. E quindi nella cerchia dei credenti più impegnati ci sarebbe una crescente domanda di una liturgia di qualità.

Si tratta di accuse forse ingenerose, in quanto frutto di posizioni che sottovalutano le difficoltà di vivere e far vivere il mistero celebrato. Infatti, non si deve dimenticare l’importanza della formazione liturgica dei fedeli, in gran parte carente, a cui la Costituzione sulla liturgia vuole che sia dedicata una specialissima cura (cfr. SC n.14). La riforma liturgica è stata necessaria, ma non è sufficiente. Occorre mettere in atto una formazione che educhi a celebrare. In questo contesto, Romano Guardini affermava che il primo compito della formazione liturgica è che l’uomo diventi nuovamente capace di simboli, capace di leggere i simboli, qualcosa in cui l'uomo moderno è analfabeta. C’è anche il rischio che la domanda di una liturgia di qualità sia alimentata più da attese umane che da prospettive che ci trascendono, più dal desiderio di trovare delle conferme terrene che dalla disponibilità a essere aperti alle sollecitazioni dello Spirito. È il rischio che si corre partecipando a liturgie “significative” in quanto sono più occasione di conforto che di sconvolgimento. Una sana e feconda liturgia è quella che innesca una lotta interiore e tende a trasformare la vita.