Is
60,1-6; Sal 71; Ef 3,2-3a.5-6; Mt 2,1-12
Il salmo responsoriale, proiettando lo sguardo
oltre gli orizzonti storici del tempo in cui fu scritto, annuncia una salvezza,
che verrà offerta dal Messia, senza limiti geografici e sociali: la sua
giustizia sarà perfetta, il suo dominio universale, il suo regno eterno, il
cosmo intero sarà coinvolto nella pace offerta in abbondanza dal Signore.
Anche il brano di Isaia, proposto come prima
lettura annuncia, dopo l’umiliazione dell’esilio, lo splendore futuro di
Gerusalemme, il brillante avvenire della città santa e la sua vocazione
universale. Di questa vocazione è erede la Chiesa di Gesù: essa è la nuova
Gerusalemme chiamata ad illuminare tutti gli uomini con la luce di Cristo che
si riflette sul suo volto (cf. Costituzione Lumen
Gentium, n.1). Sulla stessa linea d’onda, la seconda lettura parla di un
“mistero” manifestato attraverso il ministero degli apostoli e dei profeti,
secondo cui “i gentili sono chiamati, in Cristo Gesù, a condividere la stessa
eredità, a formare lo stesso corpo, e ad essere partecipi della stessa promessa
per mezzo del Vangelo”. Di fronte al Signore che viene, ciò che conta non è la
razza o la cultura o la prudenza umana, ma soltanto la disponibilità della fede
e l’attenzione ai segni dei tempi. Infatti, vediamo che la salvezza, offerta a
tutti gli uomini, è accolta in primo luogo dai “lontani”. Coloro che
conoscevano le Scritture, scribi e farisei, non hanno cercato e perciò non
hanno trovato il Messia. I Magi, invece, si sono messi in cammino, hanno
indagato, chiesto e trovato. Per trovare Gesù occorre assumere l’atteggiamento
dei Magi: cercare il Signore; vedere i segni della sua presenza; andare al suo incontro. Il senso
dinamico della fede si esprime poi nella chiamata a rendere testimonianza, ad
annunziare a tutti la salvezza sperimentata, come i Magi nel loro ritorno da
Betlemme. La buona novella del vangelo è indirizzata a tutti e deve perciò
essere annunciata a tutti.
La simbologia della luce, già presente nella
liturgia natalizia, la ritroviamo nella liturgia dell’Epifania con una
sottolineatura particolarmente “epifanica” che si proietta sul mondo intero:
“Oggi in Cristo luce del mondo tu hai rivelato ai popoli il mistero della
salvezza…” Queste parole del prefazio invitano ad interpretare in senso
cristologico la luce di cui parlano la prima lettura e il brano evangelico. La
luce è il simbolo della presenza e del rivelarsi di Dio all’umanità che si
realizza pienamente in Cristo. L’Apocalisse chiama il Cristo “la stella del
mattino” (Ap 2,28; 22,16). Nella preghiera dopo la comunione supplichiamo Dio
affinché questa sua luce “ci accompagni sempre in ogni luogo…”
Il nocciolo del messaggio dell’Epifania è
quindi che Dio si manifesta, si fa uomo e chiama tutti a sé nel suo regno. Dice
san Leone Magno: “Celebriamo nella gioia [...] l’inizio della chiamata alla
fede di tutte le genti” (Liturgia delle
Ore: Ufficio delle letture,
seconda lettura). L’Epifania ci ricorda che Cristo è venuto per chiamare alla
salvezza tutta l’umanità, simbolicamente rappresentata dai Magi di cui parla il
vangelo. La Chiesa non può tenere per sé questo mistero, ma deve annunciarlo al
mondo. Essa non può venir meno a questo compito che la rende insieme
destinataria e serva della buona novella del vangelo. Ecco, dunque, che la
solennità dell’Epifania diventa la logica e naturale conclusione del Natale e
proietta tutti noi, come i pastori e come i Magi, sulle strade del mondo per
annunciare a tutti gli uomini le meraviglie di Dio.